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15 Giugno 2025Come far sì che il viaggio sia epurato da ogni pregiudizio di superiorità della civiltà occidentale?
TRACCIA
ESAME DI STATO CONCLUSIVO DEL SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE PROVA DI ITALIANO Sessione suppletiva 2024 – Prima prova scritta Ministero dell’istruzione e del merito
TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO
PROPOSTA B3
Testo tratto da: Claude Lévi-Strauss, Tristi Tropici, Mondadori, Milano, 1960, pp. 36-42.
TESTO
«Oggi che le Isole Polinesiane, soffocate dal cemento armato, sono trasformate in portaerei pesantemente ancorate al fondo di Mari del Sud, che l’intera Asia prende l’aspetto di una zona malaticcia e le bidonvilles rodono l’Africa, che l’aviazione commerciale e militare viola l’intatta foresta americana o melanesiana, prima ancora di poterne distruggere la verginità, come potrà la pretesa evasione dei viaggi riuscire ad altro che a manifestarci le forme più infelici della nostra esistenza storica? Questa grande civiltà occidentale, creatrice delle meraviglie di cui godiamo, non è certo riuscita a produrle senza contropartita. […] Ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità.
[…] Un tempo si rischiava la vita nelle Indie o in America per conquistare beni che oggi sembrano illusori: legna da bruciare (da cui “Brasile”); tintura rossa o pepe che alla corte di Enrico IV era considerato a tal punto una ghiottoneria che usavano tenerlo nelle bomboniere e masticarlo a grani. Quelle scosse visive e olfattive, quel gioioso calore per gli occhi, quel bruciore squisito per la lingua, aggiungevano un nuovo registro alla gamma sensoriale di una civiltà che non si era ancora resa conto della sua scipitezza. Diremo allora che, per un doppio rovesciamento, i nostri moderni Marco Polo riportano da quelle stesse terre, questa volta sotto forma di fotografie, libri e resoconti, le spezie morali di cui la nostra società prova un acuto bisogno sentendosi sommergere dalla noia?
Un altro parallelismo mi sembra ancora più significativo. Questi moderni condimenti sono, che lo si voglia o no, falsificati; non certo perché la loro natura sia puramente psicologica, ma perché, per quanto onesto possa essere il narratore, egli non può più presentarceli sotto forma autentica. Per metterci in condizione di poterli accettare è necessario, mediante una manipolazione che presso i più sinceri è soltanto inconscia, selezionare e setacciare i ricordi e sostituire il convenzionale al vissuto. […]
Questi primitivi, che basta aver visto una volta per esserne edificati, queste cime di ghiaccio, queste grotte e queste foreste profonde, templi di alte e proficue rivelazioni, sono, per diversi aspetti, i nemici di una società che recita a se stessa la commedia di nobilitarli nel momento in cui riesce a sopprimerli, mentre quando erano davvero avversari, provava per essi solo paura e disgusto. Povera selvaggina presa al laccio della civiltà meccanizzata, indigeni della foresta amazzoniana, tenere e impotenti vittime, posso rassegnarmi a capire il destino che vi distrugge, ma non lasciarmi ingannare da questa magia tanto più meschina della vostra, che brandisce davanti a un pubblico avido gli album di foto a colori al posto delle vostre maschere ormai distrutte. Credono forse così di potersi appropriare del vostro fascino? […]
Ed ecco davanti a me il cerchio chiuso: meno le culture umane erano in grado di comunicare fra loro, e quindi di corrompersi a vicenda, meno i loro rispettivi emissari potevano accorgersi della ricchezza e del significato di quelle differenze. In fin dei conti, sono prigioniero di un’alternativa: o viaggiatore antico, messo di fronte a un prodigioso spettacolo di cui quasi tutto gli sfuggiva – peggio ancora, gli ispirava scherno e disgusto – o viaggiatore moderno, in cerca di vestigia di una realtà scomparsa. […] Fra qualche secolo, in questo stesso luogo, un altro esploratore altrettanto disperato, piangerà la sparizione di ciò che avrei potuto vedere e che mi è sfuggito. Vittima di una doppia incapacità, tutto quel che vedo mi ferisce, e senza tregua mi rimprovero di non guardare abbastanza.»
Claude Lévi-Strauss, Tristi Tropici, Mondadori, Milano, 1960, pp. 36-42.
COMPRENSIONE E ANALISI
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
1. Sintetizza il contenuto del brano proposto, individuandone gli snodi argomentativi.
2. Interpreta la frase ‘Ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità’.
3. Illustra la funzione delle domande che intercalano il testo e quale effetto Claude Lévi-Strauss (1908-2009) ha inteso ottenere nell’animo del lettore.
4. Quale differenza è individuata, a parere dell’autore, tra antichi e moderni nel relazionarsi con l’Altro? Per quale motivo il viaggiatore moderno cerca ‘vestigia di una realtà scomparsa’?
PRODUZIONE
Rifletti sul tema del viaggio così come è inteso nella società contemporanea e che viene messo in discussione nel brano proposto, facendo emergere criticamente la tua opinione con dati ripresi dalla tua esperienza e dalle tue conoscenze. Organizza tesi e argomentazioni in un discorso coerente e coeso.
SVOLGIMENTO
Analisi del testo “Tristi Tropici” di Claude Lévi-Strauss
Il brano tratto da Tristi Tropici (1955) di Claude Lévi-Strauss è una riflessione amara e disincantata sul viaggio e sull’impatto distruttivo della civiltà occidentale sulle culture “primitive” e sugli ambienti naturali. L’antropologo francese, con la sua prosa densa e profetica, mette in discussione la pretesa “evasione” dei viaggi moderni, denunciando come essi rivelino, in realtà, la “sozzura” della nostra esistenza storica e la distruzione dell’autenticità.
Comprensione e Analisi
1. Sintetizza il contenuto del brano proposto, individuandone gli snodi argomentativi.
Il brano si apre con la constatazione desolata di come la civiltà occidentale e il progresso (cemento armato, aviazione commerciale/militare, bidonvilles) stiano distruggendo e snaturando le culture e i paesaggi “vergini” delle Isole Polinesiane, dell’Asia, dell’Africa e dell’America. L’autore si chiede se il viaggio moderno, in questo contesto, possa rivelare altro che “le forme più infelici della nostra esistenza storica” e la “nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità”.
Successivamente, Lévi-Strauss traccia un parallelismo tra il viaggio antico e quello moderno: se un tempo si rischiava la vita per beni materiali esotici (spezie, legname) che arricchivano la “gamma sensoriale” di una civiltà meno “scipita”, oggi i “moderni Marco Polo” riportano “spezie morali” sotto forma di fotografie, libri e resoconti per combattere la “noia” della nostra società. L’autore denuncia però che questi “condimenti moderni” sono “falsificati”, perché il narratore, anche onesto, manipola i ricordi, selezionandoli e sostituendo il “convenzionale al vissuto”.
Lévi-Strauss conclude con l’immagine dei “primitivi”, delle foreste e delle grotte come “nemici” di una società che finge di nobilitarli mentre li sopprime, per poi appropriarsi del loro “fascino” attraverso album di foto a colori al posto delle maschere distrutte. L’autore si ritrova prigioniero di un “cerchio chiuso” e di una “doppia incapacità”: essere un viaggiatore antico che non comprendeva, o un viaggiatore moderno che cerca solo “vestigia di una realtà scomparsa”, incapace di vedere abbastanza e ferito da ciò che vede. Prevede che in futuro un altro esploratore piangerà la scomparsa di ciò che egli stesso non è riuscito a cogliere.
Gli snodi argomentativi essenziali sono:
- La denuncia dell’impatto distruttivo della civiltà occidentale sui mondi “altri”.
- La critica al viaggio moderno come illusoria evasione che rivela la corruzione della nostra civiltà.
- Il confronto tra i “beni” materiali cercati dai viaggiatori antichi e le “spezie morali” falsificate cercate dai moderni.
- La condanna della mercificazione e manipolazione dell’autenticità delle culture “primitive” attraverso la loro rappresentazione mediata.
- La consapevolezza della “doppia incapacità” del viaggiatore, antico e moderno, di interagire autenticamente con l’alterità non ancora compromessa.
2. Interpreta la frase ‘Ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità’.
Questa frase, carica di pessimismo e risentimento, esprime la profonda delusione di Lévi-Strauss nei confronti del viaggio moderno. L’autore rovescia la concezione romantica e idealizzata del viaggio come scoperta di bellezza esotica o arricchimento personale. Invece, per lui, i viaggi odierni, prima ancora di rivelare la diversità e la ricchezza delle culture visitate, mostrano l’impronta degradante e distruttiva della civiltà occidentale su scala globale.
- “La nostra sozzura”: Si riferisce a tutto ciò che di negativo la civiltà occidentale ha portato nel mondo: l’inquinamento ambientale (“soffocate dal cemento armato”), la distruzione degli ecosistemi (“viola l’intatta foresta”), la povertà e il degrado sociale (le “bidonvilles”), l’omologazione culturale (le Isole Polinesiane trasformate in “portaerei”), e la violenza (l’aviazione militare). È una metafora del lato oscuro, distruttivo e inquinante del nostro “progresso”.
- “Gettata sul volto dell’umanità”: Questa espressione evoca un atto di aggressione e di deturpazione. La “sozzura” non è contenuta, ma “gettata” (imposta, espansa) sulle altre culture e popolazioni, contaminandole e sfigurandone l’originalità e l’autenticità. L’umanità (intesa come le diverse culture del mondo) viene sfigurata e offesa dalla nostra pretesa civiltà.
In sintesi, la frase è una denuncia del fatto che il viaggio moderno, lungi dall’essere un’opportunità di arricchimento e comprensione interculturale, si trasforma in un’inevitabile constatazione dei danni e delle distorsioni che la nostra civiltà ha arrecato e continua ad arrecare al resto del mondo.
3. Illustra la funzione delle domande che intercalano il testo e quale effetto Claude Lévi-Strauss ha inteso ottenere nell’animo del lettore.
Nel brano, Claude Lévi-Strauss utilizza numerose domande retoriche che intercalano il testo, come: “come potrà la pretesa evasione dei viaggi riuscire ad altro che a manifestarci le forme più infelici della nostra esistenza storica?”, “Che lo si voglia o no, falsificati?”, “Credono forse così di potersi appropriare del vostro fascino?”.
La funzione principale di queste domande è:
- Coinvolgere il lettore: Le domande non cercano una risposta esplicita, ma invitano il lettore a una riflessione critica e profonda sui temi affrontati. Spingono il lettore a interrogarsi sulla validità dei propri assunti e sulle conseguenze delle proprie azioni (o inazioni) come parte della civiltà occidentale.
- Esprimere il disincanto e il pessimismo dell’autore: Le domande sono cariche di un tono retorico che esprime il senso di rassegnazione, scetticismo e amarezza dell’autore. Non sono aperte a risposte ottimistiche, ma suggeriscono che le risposte siano già negative, rafforzando la tesi di una situazione irrimediabilmente compromessa.
- Sottolineare l’assurdità e l’ipocrisia: Attraverso le domande, Lévi-Strauss evidenzia le contraddizioni e le ipocrisie della civiltà occidentale, che distrugge ciò che poi cerca di “nobilitare” o di cui tenta di “appropriarsi” in modo superficiale.
- Accentuare la tragedia della perdita: Le domande spesso sottolineano la scomparsa dell’autenticità e l’irreversibilità del danno, evocando un senso di rimpianto per ciò che è andato perduto per sempre.
L’effetto che Lévi-Strauss intende ottenere nell’animo del lettore è:
- Disillusione e consapevolezza critica: Il lettore è spinto a una presa di coscienza dolorosa sull’impatto negativo della propria civiltà e sulla natura illusoria di certi tipi di viaggio.
- Senso di responsabilità: Pur non accusando direttamente, l’autore induce un senso di corresponsabilità per i danni arrecati e per la perdita di autenticità.
- Malinconia e rimpianto: Le domande evocano un senso di perdita per mondi e culture che non esistono più nella loro forma originale, suscitando una malinconia per un’opportunità di comprensione autentica ormai sfumata.
4. Quale differenza è individuata, a parere dell’autore, tra antichi e moderni nel relazionarsi con l’Altro? Per quale motivo il viaggiatore moderno cerca ‘vestigia di una realtà scomparsa’?
L’autore individua una differenza sostanziale tra antichi e moderni nel relazionarsi con l’Altro (le culture non occidentali):
- Viaggiatore antico: Era “messo di fronte a un prodigioso spettacolo di cui quasi tutto gli sfuggiva – peggio ancora, gli ispirava scherno e disgusto”. Questo viaggiatore interagiva con culture ancora intatte e vive, ma la sua mentalità, i suoi pregiudizi e la sua mancanza di strumenti concettuali gli impedivano di comprenderne la ricchezza e il significato. La sua relazione era di ignoranza, incomprensione e spesso disprezzo.
- Viaggiatore moderno: È “in cerca di vestigia di una realtà scomparsa”. Questo viaggiatore ha gli strumenti intellettuali (teoricamente) per apprezzare la ricchezza delle differenze culturali, ma arriva quando queste realtà sono già state “soffocate dal cemento armato”, “rodono l’Africa” (le bidonvilles), “violano l’intatta foresta”, ovvero sono state corrotte o distrutte dall’impatto della civiltà occidentale.
Il viaggiatore moderno cerca ‘vestigia di una realtà scomparsa’ perché:
- La realtà autentica è stata soppressa: La “grande civiltà occidentale” ha “soppresso” i “primitivi”, le “cime di ghiaccio”, le “grotte e queste foreste profonde”. Il contatto della civiltà meccanizzata ha distrutto la “verginità” e l’autenticità di queste culture e ambienti.
- Ricerca di un’autenticità perduta: Il viaggiatore moderno è spinto da un acuto “bisogno” di “spezie morali” (esperienze autentiche, esotiche) a causa della “noia” della propria società. Ma questa ricerca è destinata a trovare solo frammenti, tracce, o riproduzioni manipolate (“falsificati”) di ciò che non esiste più nella sua forma originale.
- Ipocrisia del processo: La società moderna, ipocritamente, “recita a se stessa la commedia di nobilitarli nel momento in cui riesce a sopprimerli”. Il viaggiatore moderno è quindi involontariamente complice di un processo di distruzione, cercando i “falsificati” resti di ciò che è stato distrutto dalla stessa civiltà di cui egli fa parte.
In sintesi, la differenza è che l’antico vedeva una realtà viva ma non la comprendeva, mentre il moderno, pur avendo forse la capacità di comprendere, arriva quando quella realtà è già stata irrimediabilmente alterata o distrutta. La sua ricerca è quindi di un fantasma, di un’eco di ciò che è svanito.
Il Viaggio nell’Era del Consumo: Tra Illusione di Scoperta e Urgenza di Consapevolezza
Il brano di Claude Lévi-Strauss in Tristi Tropici rappresenta una critica amara e premonitrice al tema del viaggio nella società contemporanea, sfidando l’immagine patinata dell’esplorazione e della scoperta. La sua tesi, secondo cui il viaggio moderno rivela più la “nostra sozzura” che l’autenticità di mondi altri, è quanto mai attuale. Ritengo che, pur riconoscendo l’inevitabile impatto della globalizzazione e la mercificazione dell’esperienza, sia ancora possibile attribuire al viaggio un valore autentico, ma solo se esso è intrapreso con una profonda consapevolezza critica, umiltà e un desiderio genuino di interazione e apprendimento, superando le logiche del consumo e dello sperpero.
L’Illusione dell’Evasione: Il Viaggio Come Specchio della Nostra “Sozzura”
Lévi-Strauss dipinge un quadro desolante: le Isole Polinesiane “soffocate dal cemento armato”, le “bidonvilles” che rodono l’Africa, l’aviazione che viola foreste intatte. Questa immagine iniziale è una condanna del “progresso” occidentale che, anziché arricchire, distrugge e omologa. La pretesa “evasione” dei viaggi, in questo contesto, diventa una tragica manifestazione delle “forme più infelici della nostra esistenza storica”. La nostra “sozzura” – intesa come l’impronta distruttiva della nostra civiltà in termini di inquinamento, sfruttamento, omologazione culturale e perdita di autenticità – non è celata, ma “gettata sul volto dell’umanità”.
Condivido profondamente questa critica. Il turismo di massa, in particolare, spesso conferma questa visione. Le code interminabili davanti a monumenti storici, le spiagge sovraffollate e inquinate, le città d’arte trasformate in “musei a cielo aperto” per orde di visitatori, mostrano una forma di consumo del luogo piuttosto che di interazione con esso. Il viaggio diventa un pacchetto preconfezionato, un elenco di “cose da vedere” da spuntare, spesso con poca attenzione all’impatto ambientale o sociale. L’ossessione per la “foto perfetta” da pubblicare sui social media trasforma l’esperienza in una performance, un’affermazione del sé più che una scoperta dell’altro (come notato anche da Caminito nel suo testo sul diario digitale, vedi C2 Sessione ordinaria 2024). Le mie esperienze personali, pur se limitate, mi hanno spesso fatto percepire questa distanza tra l’immagine idealizzata del viaggio e la sua realtà, fatta a volte di logiche commerciali che snaturano le culture locali.
“Spezie Morali Falsificate”: La Mercificazione dell’Esperienza
La contrapposizione tra i “Marco Polo” antichi che riportavano beni concreti e i moderni che cercano “spezie morali” (fotografie, libri, resoconti) è particolarmente illuminante. Se la civiltà occidentale prova “un acuto bisogno sentendosi sommergere dalla noia”, la risposta non si trova nell’autenticità, ma in “condimenti… falsificati”. Lévi-Strauss denuncia la manipolazione dei ricordi, la selezione e il setaccio per sostituire “il convenzionale al vissuto”.
Questa “falsificazione” è evidente nel marketing turistico che vende “esperienze autentiche” spesso ricostruite o messe in scena per i turisti. I villaggi tradizionali trasformati in show per visitatori, le cerimonie rituali ridotte a performance teatrali, sono esempi di come la ricerca di fascino dell’Altro possa portare alla sua mercificazione e alla perdita della sua vera essenza. L’avidità del pubblico, bramoso di “album di foto a colori al posto delle vostre maschere ormai distrutte”, testimonia una forma di appropriazione culturale che, pur non essendo intenzionalmente distruttiva, contribuisce alla scomparsa dell’autentico. È un paradosso amaro: cerchiamo ciò che noi stessi abbiamo contribuito a distruggere, e ci accontentiamo delle sue vestigia o delle sue imitazioni.
Oltre il Pessimismo: Il Potenziale del Viaggio Consapevole
Nonostante la potente critica di Lévi-Strauss, credo che sia ancora possibile attribuire al viaggio un valore autentico, ma ciò richiede un cambiamento radicale nell’approccio dell’individuo. La “doppia incapacità” descritta dall’autore è una sfida, non una condanna inappellabile.
- Umiltà e Ascolto: Per non essere solo un “viaggiatore moderno, in cerca di vestigia di una realtà scomparsa”, è fondamentale adottare un atteggiamento di umiltà e di profondo ascolto. Ciò significa non imporre la propria visione, ma cercare di “guardare il mondo con gli occhi degli altri” (come suggerito da Tiziano Terzani e Gino Strada, vedi C1 Sessione ordinaria 2024). Questo implica un rispetto per le culture locali, per i loro ritmi, per le loro tradizioni, e la volontà di apprendere, anche attraverso il silenzio e l’osservazione attenta (come valorizzato da Polla-Mattiot).
- Ricerca dell’Autenticità e del Contatto Umano: Sebbene il mondo sia sempre più omologato, esistono ancora nicchie di autenticità. La ricerca di esperienze che vadano oltre i circuiti turistici di massa, il contatto diretto con le comunità locali, la scelta di un turismo responsabile ed etico, possono portare a incontri genuini e a una comprensione più profonda. Il viaggio diventa così un’occasione di crescita personale, di messa in discussione delle proprie certezze e di espansione della propria visione del mondo. La mia esperienza nel confrontarmi con culture diverse, pur se in contesti non estremi, mi ha insegnato che la vera ricchezza del viaggio sta nelle interazioni umane e nella capacità di aprirsi a nuove prospettive.
- Consapevolezza dell’Impatto: Essere consapevoli dell’impatto del proprio viaggio, sia esso ambientale o culturale, è un imperativo etico. Questo si traduce in scelte di viaggio più sostenibili, nel supporto all’economia locale, nel rispetto delle norme e delle sensibilità culturali. Il “rimprovero di non guardare abbastanza” e di essere “vittima di una doppia incapacità” (di vedere la realtà senza distorcerla e di accettare il suo svanire) dovrebbe spingere il viaggiatore moderno a una maggiore responsabilità.
Conclusioni: Il Viaggio Come Atto di Consapevolezza
La critica di Claude Lévi-Strauss in Tristi Tropici rimane un richiamo potente alla necessità di una profonda riflessione sulla nostra relazione con il mondo e con l’Altro. In un’epoca in cui il viaggio è diventato un’esperienza di massa, la sua analisi ci mette di fronte ai rischi della mercificazione, dell’omologazione e della distruzione culturale. Tuttavia, il suo pessimismo non deve condurre alla rassegnazione.
Credo che il viaggio possa ancora essere un’opportunità di arricchimento e di comprensione, ma solo se intrapreso con una coscienza critica e una profonda umiltà. Non si tratta più di “conquistare beni illusori” o di cercare “spezie morali falsificate”, ma di essere un “esploratore” che, pur consapevole delle perdite e delle “sozzure” del nostro tempo, cerca con rispetto le tracce di autenticità e si apre al dialogo. Il vero viaggio, allora, non è una fuga, ma un atto di consapevolezza, un percorso di auto-riflessione che ci permette di guardare il mondo, e noi stessi, con occhi nuovi, accettando la complessità e l’imperfezione della realtà, e cercando di contribuire, nel nostro piccolo, a una maggiore comprensione e rispetto tra le culture.
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