Tutto in un punto di Italo Calvino narratore e punto di vista
28 Dicembre 2019Circe seconda parte libro 10 Odissea
28 Dicembre 2019
“Venerdì Santo” è una canzone scritta da Francesco Guccini e pubblicata nell’album Folk beat n. 1 del 1967. Nella canzone si intreccia l’esperienza personale e di rapporti dell’autore con il clima particolare che si respira, e con le profonde emozioni e riflessioni che questo giorno sacro porta con sé.
Attraverso versi intensi e suggestivi, Guccini crea un’atmosfera carica di pathos e riflessione, esplorando temi universali come la fede, la colpa, il pentimento e la redenzione.
testo della canzone
Bisogna che lo affermi fortemente
Che, certo, non appartenevo al mare Anche se Dei d’Olimpo e umana gente Mi sospinse un giorno a navigare E se guardavo l’isola petrosa Ulivi e armenti sopra ogni collina C’era il mio cuore al sommo d’ogni cosa C’era l’anima mia che è contadina Un’isola d’aratro e di frumento Senza le vele, senza pescatori Il sudore e la terra erano argento Il vino e l’olio erano i miei oriMa se tu guardi un monte che è di faccia
Senti che ti sospinge un altro monte Un’isola col mare che l’abbraccia Ti chiama un’altra isola di fronte E diedi un volto a quelle mie chimere Le navi costruii di forma ardita Concavi navi dalle vele nere E nel mare cambiò quella mia vita E il mare trascurato mi travolse Seppi che il mio futuro era sul mare Con un dubbio però che non si sciolse Senza futuro era il mio navigareMa nel futuro trame di passato
Si uniscono a brandelli di presente Ti esalta l’acqua e al gusto del salato Brucia la mente E ad ogni viaggio reinventarsi un mito A ogni incontro ridisegnare il mondo E perdersi nel gusto del proibito Sempre più in fondoE andare in giorni bianchi come arsura
Soffio di vento e forza delle braccia Mano al timone e sguardo nella pura Schiuma che lascia effimera una traccia
Andare nella notte che ti avvolge Scrutando delle stelle il tremolare In alto l’Orsa e un segno che ti volge Diritta verso il nord della Polare E andare come spinto dal destino Verso una guerra, verso l’avventura E tornare contro ogni vaticino Contro gli Dei e contro la paura
E andar verso isole incantate
Verso altri amori, verso forze arcane Compagni persi e navi naufragate Per mesi, anni, o soltanto settimane La memoria confonde e dà l’oblio Chi era Nausicaa, e dove le sirene Circe e Calypso perse nel brusio Di voci che non so legare assieme Mi sfuggono il timone, vela, remo La frattura fra inizio ed il finire L’urlo dell’accecato Polifemo Ed il mio navigare per fuggireE fuggendo si muore e la mia morte
Sento vicina quando tutto tace Sul mare, e maledico la mia sorte Non trovo pace Forse perché sono rimasto solo Ma allora non tremava la mia mano E i remi mutai in ali al folle volo Oltre l’umanoLa vita del mare segna false rotte
Ingannevole in mare ogni tracciato Solo leggende perse nella notte Perenne di chi un giorno mi ha cantato Donandomi però un’eterna vita Racchiusa in versi, in ritmi, in una rima Dandomi ancora la gioia infinita Di entrare in porti sconosciuti prima