Volontariato
27 Gennaio 2019Confronto tra Il principe e i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
27 Gennaio 2019RELAZIONE D’ITALIANO sul romanzo storico Ivanhoe di Luca Barbaglia IIIF, Liceo Bramante di Magenta – a.s. 2004/2005
1) TITOLO Il libro che ho letto s’intitola “Ivanhoe” che stato scritto da Walter Scott. Il romanzo che ho letto è un’edizione Adelphi non per la scuola.
2) AUTORE: Walter Scott (Edimburgo 1771 – Abbotsford, Roxburghshire 1832), scrittore britannico, uno dei massimi esponenti del romanticismo inglese. Di nobile famiglia scozzese, compì gli studi di legge ed esercitò la professione forense, coltivando parallelamente ambizioni letterarie. La profonda conoscenza delle ballate e leggende del suo popolo fu determinante nel definire il carattere della sua opera di scrittore.
Il primo riconoscimento ufficiale giunse con la pubblicazione di una raccolta di canzoni e ballate popolari, La poesia del confine scozzese (1802-1803), ma la grande popolarità fu dovuta al poemetto narrativo I lai (canti) dell’ultimo menestrello (1805).
Sulla scia del successo ottenuto, Scott pubblicò opere quali Marmion (1808), La donna del lago (1810), Il signore delle isole (1815).
Il declino della popolarità di Scott come poeta, concomitante con l’ascesa di Byron, indusse lo scrittore a rivolgersi alla narrativa. La pubblicazione di Waverley (1814), un immediato successo di critica e di pubblico, segnò l’inizio di una nuova serie di trionfi. In rapida successione Scott scrisse oltre venti romanzi storici, tra i quali Guy Mannering (1815), I puritani di Scozia (1816), La sposa di Lammermoor (1819), Ivanhoe (1820).
Gli ultimi anni della vita del romanziere furono amareggiati dal cattivo esito di alcune operazioni editoriali, che nel 1826 lo portarono al fallimento. Rifiutandosi di dichiarare bancarotta, Scott si sottopose per il resto dei suoi giorni a ritmi di lavoro forsennati nel tentativo di rifondere i debiti, scrivendo nuovi romanzi e il poema epico Vita di Napoleone (1827).
3) RIASSUNTO: Wamba e Gurth, rispettivamente buffone e guarda-porci di Cedric il Sassone, incontrano per strada il priore Aymer (noto anche per saper godere i piaceri della vita) e Brian de Bois-Guilborg, cavaliere templare di ritorno dalla Palestina, ai quali indicano la strada per la dimora del loro padrone. Cedric non è molto contento d’ospitarli, poiché considera con astio tutti i normanni (che detengono il potere) e chi li frequenta.
Durante il banchetto Bryan è colpito dalla bellezza di lady Rowena, pupilla di Cedric, ansiosa di conoscere gli ultimi avvenimenti in Terra Santa. Nel castello sono ospiti anche un crociato ed un ebreo: il crociato rimbecca il vanitoso templare ricordandogli (e narrando agli altri) come, insieme agli altri cavalieri del suo ordine, fu sconfitto dagli inglesi capeggiati da Riccardo Cuor di Leone, fra i quali combatteva anche Ivanhoe, figlio di Cedric, diseredato ed innamorato di Rowena.
La notte stessa il crociato salva la vita all’ebreo, Isaac di York, avvertendolo d’un complotto ordito da Brian per assassinarlo, e l’accompagna fuori dal castello; l’ebreo lo ricompensa rifornendolo di cavallo ed armatura con cui potrà partecipare al torneo indetto dal principe Giovanni, fratello di Riccardo, che, approfittando della prigionia di questi in Austria ed avvalendosi dei normanni, sta tentando d’usurpare il trono. Al torneo sono presenti i nomi più prestigiosi della cavalleria e le donne più belle, da Rowena a Rebecca, figlia di Isaac: a sorpresa il torneo viene
vinto dal Cavaliere Diseredato, che, tra il giubilo dei sassoni, batte il favorito Brian ed elegge sua reginetta Lady Rowena. La sera il fidato Gurth si reca a York a saldare il debito con l’ebreo: anche se questi è tanto avaro da accettare il denaro di chi gli ha salvato la vita, Rebecca restituisce di nascosto i soldi a Gurth; sulla via del ritorno egli viene assalito da una banda di ladroni, il cui capitano, saputo che Gurth serve il Cavaliere Diseredato, lo rimette però in libertà.
Al termine del torneo, il Cavaliere Diseredato (che ha vinto grazie anche all’aiuto d’un misterioso Cavaliere Nero) si rivela per Ivanhoe. La
giornata termina con la gara degli arcieri, vinta dall’insolente Locksley; contemporaneamente giunge al principe la notizia che suo fratello Riccardo è tornato libero. Intanto, Rebecca ed Isaac trasportano fuori del campo Ivanhoe, gravemente ferito, che ha bisogno di cure, ma, abbandonati dai loro servi paurosi nella foresta, devono, mal sopportati, unirsi al seguito di Cedric; la compagnia viene assalita dagli
uomini di Front de Boeuf, vicino di Cedric, travestiti da banditi: riescono a fuggire soltanto Gurth e Wamba, che incontrano Locksley e lo seguono nel covo dei veri banditi, scoprendo così che lui ne è il capo. Locksley chiama a raccolta i suoi uomini e, in particolare, frate Tuck, un eremita dedito, oltre che alla violenza, al cibo ed al buon vino, secondo un credo del tutto personale; anche il Cavaliere Nero ha trovato ospitalità, dopo essersi perduto nella foresta, nella cappella di Tuck.
La cattura di Cedric fa parte d’un piano avente come mira Rowena: di nobile discendenza sassone ed erede d’una larga fortuna, è contesa dall’amato Ivanhoe, dall’apatico Athalstane (ben visto da Cedric perchè sassone puro come lei) e da de Bracy, fedele al principe Giovanni, e questi spera, appunto, d’ottenere la giovane col rapimento; dal canto suo Brian ha adocchiato Rebecca.
I prigionieri vengono presi in consegna dai rispettivi persecutori, ma presto li disilludono di poter far di loro delle facili vittime; quando apprende che la figlia è nelle mani del templare, Isaac rifiuta, anche dopo la minaccia d’essere arrostito vivo, di pagare il riscatto che Front de Boeuf gli chiede; con le sue lacrime e la sua bellezza Rowena commuove de Bracy, e Rebecca minaccia di buttarsi dalla cella della torre dov’è imprigionata se Brian tenta di toccarla.
Cedric viene liberato da Wamba, che s’introduce nel castello sotto vesti ecclesiastiche e che, sotto le stesse vesti, fa poi uscire il suo padrone.
Quando i rapitori si rendono conto d’essere circondati da un piccolo esercito messo assieme da Locksley e dal Cavaliere Nero e questi propongono ad Athestane la liberta` in cambio dell’armistizio, si sentono rispondere che lui non accetterà d’andarsene senza Rowena, che considera sua promessa sposa, e Wamba, che ha rischiato la vita per salvare Cedric; prima d’uscire dal castello quest’ultimo è stato scoperto dalla vecchia Urfried, che vive nella cella in cui è stata condotta Rebecca, e che si rivela come la figlia del nobile sassone Torquil, brutalmente assassinato assieme ai suoi figli dai Front de Boeuf, e di essere convissuta per vent’anni con gli assassini di suo padre e dei suoi fratelli, sopportando ogni umiliazione in attesa del momento della vendetta; lo avverte di tenere pronti i suoi uomini, ma di attaccare soltanto al suo segnale.
Il primo attacco è descritto da Rebecca ad Ivanhoe (ancora infermo), di cui s’è innamorata, pur sapendo che alla sua disprezzata razza non è concesso sperare neppure in un simile amore; durante il vano assalto Front de Boeuf viene ferito mortalmente, e, mentre giace solo in una stanza, viene raggiunto da Ulrica, che ha appiccato fuoco al castello e gli rinfaccia d’essere un parricida, oltre ad aver commesso un incredibile numero di esecrabili crimini; ubriaca del suo trionfo, Ulrica muore nell’incendio, mentre Cedric, il Cavaliere Nero, Locksley e gli altri sconfiggono gli assediati: de Bracy è catturato, Bois-Guilbert fugge dopo aver ucciso Athestane e portando con s Rebecca, il Cavaliere Nero (vero eroe della battaglia) libera Ivanhoe, e, convinto del pentimento di de Bracy (peraltro già perdonato da Rowena) gli rende la liberta`, Tuck, il frate-bandito, arriva all’accampamento con un prigioniero, Isaac; Locksley non infierisce su di lui poiché un tempo è stato aiutato
dalla figlia; un altro prigioniero, il ricco priore Aymer, viene usato quale intermediario per il riscatto di Rebecca, dopo aver, ovviamente, stabiliti i riscatti per i due prigionieri.
De Bracy torna dal principe Giovanni a comunicargli la vera identità del Cavaliere Nero; Giovanni non esita ad ordire un’imboscata affidandone l’esecuzione a Waldemar Fitzurse, a lui fedele da quando Riccardo ne rifiutò la figlia.
Il Cavaliere Nero, che viaggia in compagnia di Wamba, viene salvato dagli uomini di Locksley, subito accorsi al suono del corno, e rivela di essere Riccardo Cuor di Leone, e Locksley d’essere Robin Hood.
Raggiunto da Ivanhoe e dopo aver promesso un’amnistia a Robin Hood, Riccardo parte alla volta del castello di Cedric: in quanto normanno non ottiene da questi il rispetto dovuto, ma in compenso riconcilia padre e figlio; all’improvviso compare Athelstane (di cui si dovrebbero celebrare i funerali), che narra d’essere stato soltanto stordito dal colpo di Brian, e d’essere stato poi tenuto prigioniero dai monaci che aspiravano alla sua eredità.
Cedric esulta riconoscendo in lui il vero pretendente al trono ed il promesso sposo di Rowena, ma Athelstane si dichiara rinsavito: rinuncia alla corona ed alla mano della giovane abdicando in favore di Riccardo e di Ivanhoe.
Ivanhoe non ha tempo d’ascoltare le ultime frasi di Athelstane deve correre in aiuto di Rebecca, seguito immediatamente da re Riccardo.
Brian de Bois-Guibert ha portato l’ebrea nella casa dei Templari, e ha invano tentato di farne la sua amante; Beaumanoir, il gran signore
dell’Ordine, scopre che Isaac sta cercando di riscattare la figlia, e, quindi, l’intera tresca, ma, invece di prendersela con il coraggioso Brian, accusa Rebecca d’essere una strega e, dopo un processo sommario, la condanna a morte.
Rebecca s’appella al giudizio delle armi ed elegge a suo difensore proprio Ivanhoe, mentre l’Ordine dev’essere difeso da Brian, che ha cercato sino all’ultimo di convincerla a fuggire con lui: nel combattimento Ivanhoe ha la meglio ed uccide Brian.
Giunge notizia che i fedeli di Giovanni sono in fuga: Riccardo è clemente con il proprio fratello e lo rispedisce semplicemente dalla madre;
Ivanhoe sposa Rowena e Rebecca parte con il padre per la Spagna, dove sperano di trovare meno ostilità verso la loro razza.
4) Personaggi
– Gurth e Wamba: il più anziano dei due, Gurth aveva un aspetto austero, selvaggio.
Il suo vestito era della foggia più semplice che si possa immaginare; era, infatti una stretta casacca con maniche lunghe, fatta con la pelle conciata di qualche animale.
Questo vestito primitivo lo copriva dalla gola ai ginocchi e rispondeva a tutti gli scopi abituali di un riparo del corpo. Dei sandali, legati mediante cinghie di pelle di verro, gli proteggevano i piedi ed una striscia di cuoio sottile era attorcigliata attorno alle gambe in modo artificioso e salendo al di sopra dei polpacci.
Gurth faceva il porcaro di mestiere.
Wamba, più giovane di Gurth di dieci anni, indossava un vestito simile, nella foggia, a quello del suo compagno ma di stoffa migliore e dall’aspetto più bizzarro.
La sua casacca era di uno smagliante color porpora e su di essa si era tentato di dipingere degli ornamenti grotteschi, di colori vari. Alla casacca egli univa un corto mantello che a stento gli giungeva a mezza coscia; era di stoffa rosso vivo, sebbene lurida, con strisce color giallo vivace; e poiché egli poteva spostarlo da una spalla all’altra o, a piacer suo, avvolgerlo tutto attorno alla sua persona, la sua ampiezza, in contrasto con la sua cortezza, formava un drappeggio bizzarro.
Egli portava sottili braccialetti d’argento sulle braccia ed, al collo, una collana dello stesso metallo.
Bastava a rivelare, in lui, un appartenente alla razza dei giullari, mantenuti, nelle case dei ricchi, per scacciare il tedio di quelle interminabili ore, ch’essi erano costretti a trascorrere in casa.
Egli portava, come il suo compagno, una saccoccia attaccata alla cintura, ma non aveva né corpo né coltello, poiché, probabilmente, lo si considerava come facente parte di una categoria cui si reputa pericoloso l’affidare strumenti taglienti. L’aspetto esteriore di questi due uomini formava un contrasto più vivace della loro espressione e del loro portamento. L’espressione del servo era triste e cupa; egli guardava, curvo, il terreno con profondo abbattimento; l’espressione di Wamba era d’altro canto, come suole accadere nella sua categoria, alquanto vacua e bizzarra; vi erano un’impazienza ed un’irrequietezza, un’incapacità a mantenersi fermo nello stesso posto.
– Il priore Aymer: ecclesiastico, ma esperto cavaliere, il suo compagno era un uomo che aveva superato la quarantina, sottile, forte, alto, muscoloso; una figura d’atleta, cui sembrava che le lunghe fatiche avessero tolto ogni morbidezza.
Era tutto muscoli, ossa, nervi che avevano sostenuto mille ardue prove ed erano pronte a sostenerne altre mille.
Gli copriva la testa un copricapo scarlatto, orlato di pelliccia, simile ad un mortaio capovolto.
Il volto era, quindi, visibilissimo e la sua espressione era di quelle che incutono una certa soggezione, se non proprio timore, ai forestieri. I suoi nobili lineamenti, forti ed espressivi, erano divenuti di colore scurissimo.
Una profonda cicatrice sulla fronte rendeva il suo viso più austero e dava un’espressione sinistra ad uno dei suoi occhi, ch’era rimasto lievemente offeso nella stessa occasione della ferita alla fronte, e la cui capacità visiva era lievemente menomata. Il priore Aymer era molto gradito ai nobili ed alla borghesia di campagna, con molti dei quali era imparentato, poiché apparteneva ad una aristocratica famiglia normanna. Il priore partecipava agli sport con un entusiasmo straordinario, ed aveva il permesso di possedere i falchi meglio ammaestrati ed i più veloci levrieri del North Riding.
Con gli anziani egli prendeva un altro atteggiamento e quando era necessario, lo sosteneva con grande dignità.
– Cedric: è un nobile sassone, per questo soprannominato Cedric il Sassone.
Era di statura media, ma aveva spalle larghe, braccia lunghe, ed era robusto, come persona abituata a sopportare le fatiche di guerra o della caccia; il suo viso era largo, gli occhi grandi e azzurri, i denti belli, la testa di bella forma, la fisionomia aperta e, nello stesso tempo, non priva di quella specie di buon umore che spesso si accompagna ai temperamenti impulsivi.
I suoi occhi esprimevano orgoglio e gelosia perché aveva trascorso la vita nell’affermazione di diritti sempre in pericolo di venir soffocati dagli invasori; ed il carattere di quest’uomo pronto, fiero, deciso, s’era mantenuto all’erta per le circostanze della sua situazione.
I suoi lunghi capelli biondissimi erano divisi da una riga sottile, dal centro della testa sino alla fronte e scendevano, ben pettinati ed in ordine, sino alle spalle.
– Lady Romena: alta, ma non troppo; era di carnagione bianchissima, eppure la sua non era una bellezza sbiadita.
I suoi occhi turchini, sotto l’arco delle sopracciglia castane che si delineavano con curva graziosa sulla fronte, sembravano capaci di
infiammare e di fondere, di comandare e di supplicare.
La sua espressione naturale era mite; tuttavia l’abitudine a ricevere omaggi da parte di tutti aveva conferito alla fanciulla una nota di alterezza.
La sua chioma abbondante, di un biondo caldo, cadeva in riccioli capricciosi, aggraziati, in cui l’arte aveva forse aiutato la natura, ed
era adorna di gemme; la sua lunghezza rivelava la nascita aristocratica e la condizione libera della fanciulla.
Portava al collo una catena d’oro da cui pendeva un piccolo reliquiario d’oro anch’esso, e braccialetti sulle braccia.
– L’ebreo: il suo nome era Isaac di York. I suoi lineamenti sottili, regolari, il naso aquilino e gli occhi neri, penetranti, la fronte alta rugosa, la barba e la chioma grigie, avrebbero potuto sembrare belli se non avessero costituito la caratteristica di una razza che, durante quell’etÇ tenebrosa, era detestata dal volgo pieno di pregiudizi e dalla rapace nobiltà, e che forse per quell’odio e per quella persecuzione, aveva
assunto un carattere nazionale in cui c’era tanto di meschino e di non amabile.
L’abito dell’ebreo era una mantella di semplice stoffa tessuta in casa, a molte pieghe, e copriva una tunica color porpora scura.
– Rebecca: che era figlia di Isaac di York reggeva il confronto con le maggiori bellezze d’Inghilterra, la sua bellezza risaltava maggiormente nell’abito orientale. Il suo turbante di seta gialla donava molto alla sua carnagione bruna.
Lo splendore dei suoi occhi, il superbo arco delle sopracciglia, il bel naso aquilino, i denti bianchi come perle, l’abbondante chioma d’ebano che, scendendo in riccioli, copriva tutto quel che la veste della più ricca seta persiana lasciava vedere, costituiva un
insieme che non aveva nulla da invidiare alle più belle fanciulle intorno a lei.
– Ivanhoe: Wilfred di Ivanhoe è il protagonista del romanzo di Scott, figlio di Cedric, un nobile sassone ostile ai Normanni.
Ivanhoe è stato cacciato dal padre per il suo amore per Lady Rowena, che Cedric intende dare in sposa ad un nobile di stirpe reale.
Ivanhoe è partito per la terza crociata, dove combatte vittoriosamente al fianco di re Riccardo Cuor di Leone.
Al ritorno dalla crociata sotto false spoglie Ivanhoe partecipa al torneo di Ashby, vincendo contro tutti i cavalieri.
Rimasto ferito, verrà curato da Rebecca che dopo essere stata salvata da lui, lo sposa.
Ivanhoe è un cavaliere molto rispettoso nei confronti delle persone che lo stimano, lo amano e lo considerano un uomo coraggioso che combatte per i suoi ideali;
nonostante ciò il suo animo non è tranquillo poiché è stato costretto ad abbandonare il proprio padre, che in seguito lo accetterà nuovamente in casa.
– Athlestane di Conninsburg: è un cavaliere, partecipante al torneo di Ashby; è schierato dalla parte dei sassoni con Cedric. Di aspetto si presenta come una persona dalla corporatura massiccia e forte, nel fiore degli anni; la sua espressione è senza vita, occhi spenti, pigri i suoi movimenti e le sue decisioni vengono prese con tanta lentezza da essere chiamato Athlestane il Pigro.
È promesso sposo di lady Rowena poiché è di origine sassone e per questo Cedric ne è fiero.
Durante il combattimento tenutosi al castello viene colpito alla testa e, scambiato per morto, viene preso da alcuni frati che non vogliono più lasciarlo andare a causa del suo ricco patrimonio.
Viene presentato dal narratore attraverso un ritratto diretto, in gran parte ritratto fisico.
– Locksley: è un bravissimo arciere che viene messo alla prova dal Principe Giovanni dopo un diverbio scoppiato tra i due. Alla fine si rivela Robin Hood.
Oltre ad essere un arciere, Locksley è un fuorilegge che aiuta chi è in difficoltà; egli dona un corno al Cavaliere Nero, dicendogli di suonarlo se si trovasse in difficoltà, così i suoi uomini accorrerebbero in suo aiuto.
In effetti il corno si rivela utile quando il Cavaliere Nero è vittima di un agguato, scoperta la sua vera identità.
– Cavaliere Nero: è il nome dato a Riccardo Cuor di Leone, Re d’Inghilterra, normanno, quando è tronato in incognito in Inghilterra.
Egli è prigioniero del Duca D’Austria, ma riesce a ritornare in Inghilterra e, aiutato dai “buoni” a riprendersi il trono. Durante la sua assenza, suo fratello Giovanni, alleato con Filippo di Francia, mortale nemico di Cuor di Leone, era salito al trono e cercava di influire sul Duca D’Austria per prolungare la prigionia.
– Giovanni d’Angiò: è il fratello di Re Riccardo.
È salito al trono mentre suo fratello maggiore è stato assente per andare a combattere nelle crociate.
È di carattere frivolo, dissipatore e malvagio, ha legato facilmente alla sua persona e al proprio partito tutti coloro che avevano motivo di temere il risentimento di Riccardo per i loro atti criminali e la numerosa classe di disperati che sono ritornati dalle crociate.
È un normanno schierato e capo dei “cattivi”.
– Il Templare Brian De Bois Guilbert: è un cavaliere normanno molto prode, ma anche molto arrogante, orgoglioso di sè, crudele e dissoluto.
Ha il cuore molto duro e non ha timori. Fa parte dell’ordine dei guardiani del Tempio, ovvero un ordine di cavalieri che erano impegnati nelle crociate in Terrasanta, ma è un miscredente.
Fa parte dei “cattivi”, e desidera Rebecca.
Viene presentato attraverso un ritratto indiretto da altri personaggi in un dialogo, mentre discutono del suo carattere.
– Front-De-Beuf: è un cavaliere normanno, amico di De Bracy, uomo alto e massiccio, ha il volto segnato da cicatrici, che aumentano la ferocia del suo aspetto e il terrore della sua presenza. Veste un corsetto di cuoio aderente e una corazza.
Ha trascorso la vita in guerre pubbliche, in zuffe e in guerriglie.
È un uomo maligno, feroce, duro, rapace, e incute terrore in chi gli è vicino.
Non esita ad estendere la sua potenza feudale con ogni mezzo, inoltre è molto avaro.
– Maurizio De Bracy: è un normanno, anch’egli “cattivo”, innamorato di Lady Rowena, la vuole sposare e per questo la chiude con sÑ in una stanza del castello dopo il rapimento.
– Valdemaro Fitzurse: è l’agente del principe Giovanni, accorto e abile, complotta in segreto per la congiura contro Riccardo Plantageneto.
È amico di De Bracy.
– Alberto Malvoisin: è il commendatore di Templestowe e amico di Bois Guilbert.
5) SPAZI
Il romanzo è ambientato “nella verde Inghilterra”, patria del protagonista Ivanhoe e della maggior parte dei suoi amici. Durante la narrazione sono inoltre citati luoghi precisi, come la foresta di Sherwood, il castello di York, Templestowe.
La vicenda si svolge in varie zone, sempre però in Inghilterra, mai in Scozia, scenari di altri romanzi di Scott.
Inoltre ci sono frequenti richiami anche ad altri territori, come la Terrasanta, dove si svolgono le Crociate, e della Francia, patria dei normanni, maggiori oppositori dei sassoni, ovvero Giovanni D’Angiò, De Bracy, Brian De Bois Guilbert, Front De Beuf, ma anche di Re Riccardo.
6) TEMPI
La vicenda si svolge nell’ultimo periodo del regno di Riccardo I d’Inghilterra e delle Crociate intorno all’anno 1194, coprendo un arco di circa dieci giorni.
Durante la narrazione sono presenti alcune ellissi, come “dopo tre ore”, “il mattino seguente” ; molte pause con le quali l’autore introduce la descrizione di un luogo o di un personaggio; scene dialogate e analisi dettagliate come quella del torneo di Ashby che, durato due giorni,
viene analizzato in molte pagine.
7) LINGUA
Il linguaggio adottato dall’autore è abbastanza semplice, ma in certe parti diventa complesso coglierne il significato. Alcune parole all’interno del libro sono scritte nella lingua latina. Lo stile è paratattico, il registro formale.
8) TECNICHE NARRATIVE
Il discorso utilizzato è quello diretto, non è presente quello indiretto se non in alcuni tratti.
9) NARRATORE E PUNTO DI VISTA
Nel romanzo prevale il cosiddetto narratore onnisciente, che spiega e chiarisce i diversi avvenimenti e interviene molto nella narrazione anche in prima persona, il suo punto di vista è detto a focalizzazione zero.
10) TEMATICHE
Dal libro si ricava un possente squarcio di storia medioevale ed un buon racconto d’avventura; invece mancano completamente la descrizione della vita medioevale (quella minuta d’ogni giorno, sia dei nobili sia dei poveri) ed il messaggio dello scrittore. Scott
pare voglia soltanto raccontare qualcosa ad un pubblico, senza provare alcuna sensazione personale riguardo la materia del racconto e senza tendere ad una morale. Le tematiche più importanti proposte dall’autore sono il coraggio, l’eroismo e l’onestà del buon cavaliere, ma il tema dominante è la rievocazione della lotta tra Sassoni e Normanni.
11) COMMENTI
Il libro è stato interessante e utile per la comprensione della situazione di vita dell’epoca.
In alcuni punti, però, la narrazione mi è sembrata molto, forse anche troppo precisa, ad esempio nelle descrizioni, e quindi troppo lenta.
Anche se è una caratteristica dello stile di Scott, è stato questo uno, forse l’unico, particolare che non ho apprezzato del libro.
Materiale didattico e appunti su atuttascuola
- Ivanhoe di Walter Scott di Erika Ticozzelli
- Ivanhoe di Walter Scott di Cristiana Beta
- Ivanhoe di Walter Scott di William Chiolini
- Relazione sul libro “Ivanhoe” di Walter Scott di Luca Barbaglia, anche in formato pdf