
Seconda guerra mondiale
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Aldo Palazzeschi (1885 – 1974)
La vita. Si chiamava Aldo Giurlani, nacque a Firenze nel 1885. Compì gli studi di ragioneria, frequentò a Firenze tra il 1902 e il 1903 la scuola di recitazione diretta da L. Rasi. In seguito recitò per qualche mese nella compagnia di Lydia Borelli, ma lasciò presto il teatro per dedicarsi alla letteratura. Nel 1941 si trasferì a Roma. Morì a Roma nel 1974.
Son forse un poeta? No, certo. Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell’anima mia: “follia”. Son dunque un pittore? Neanche. Non ha che un colore la tavolozza dell’anima mia: “malinconia”. Un musico, allora? Nemmeno. Non c’è che una nota nella tastiera dell’anima mia: “nostalgia”. Son dunque… che cosa? Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. Chi sono? Il saltimbanco dell’anima mia.
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Soluzioni opposte. Corazzini, Gozzano, Pascoli, Saba: fatte le debite differenze si può dire che con questi autori c’è un ritorno alle cose quotidiane, in contrasto da un lato con le grandi astrazioni romantiche, e dall’altro con il superomismo o l’estetismo. Anche il quotidiano è degno di attenzione artistica: la loro è una reazione diversa, a tratti opposta, ad una stessa inquietudine data dalla precarietà dell’esistenza che tormentava tutti i poeti decadenti. Il futurismo costituisce proprio la risultante opposta: i poeti futuristi si riconoscono nel presente e nel futuro, sono lala marciante del decadentismo, interpretano la vita concepita come flusso continuo, come onda da cavalcare. Di fronte ad una realtà in cui non si riconoscono i futuristi demoliscono il preesistente a colpi di ruspa per ricostruirlo ex novo: sono convinti che sia sufficiente una rivoluzione espressiva, ma sarà solo un illusione; Marinetti prenderà parte a molte avventure, per giungere infine alla tragedia del fascismo.
Ma esiste anche un versante giocoso del futurismo: Marinetti e Govoni ne sono interpreti. Due poeti sempre alla ricerca della novità, ma con la costante consapevolezza di non essere mai giunti ad un punto di arrivo. Palazzeschi e Govoni sono in bilico tra Crepuscolarismo e Futurismo.
La poesia di Palazzeschi all’inizio è più vicina a crepuscolarismo: sia per quanto riguarda la polemica anti-dannunziana, sia per quanto riguarda l’ironia e la fanciullesca volontà di provocare e stupire.
Nel 1909 Palazzeschi pubblica la raccolta Poemi, in cui è contenuta la poesia Chi sono?: si domanda chi è: un poeta? un pittore? un musicista? no, niente, è un saltimbanco: un atteggiamento ironico e provocatorio, come quello di Corazzini, ma con un tono diverso: entrambi rifiutano la figura del Vate, e lo stesso farà Govoni. In questa poesia viene ripreso il motivo crepuscolare del non-poeta, ma ribaltato in tono clownesco, senza la minima autocommiserazione.
Lasciatemi divertire, in L’incendiario, 1910
L’intento ludico è evidente: lo scopo è quello di provocare il pubblico della poesia tradizionale riducendo il discorso a suoni privi di significato, è come sostituire il suono con il rumore, come faceva Cage quando suonava il pianoforte con la bacchetta, come se fosse un tamburello.
In questa poesia ci si allontana dal crepuscolarismo e ci si avvicina al futurismo per l’introduzione di elementi destrutturanti e linguaggio eversivo. Si allude in questa poesia ad una sorta di dialogo immaginario con eventuali lettori di poesia tradizionale e i loro commenti verso questo trasandato poeta: «fesso», «somaro» penseranno: ma non si accorgono che i tempi sono cambiati, che nel frattempo la poesia è andata da un’altra parte, e che il poeta può ormai soltanto divertirsi, giocando anche con la «spazzatura delle altre poesie».
Anche dietro questo sberleffo divertito ci sono profondi significati: a) la denuncia della crisi dei valori; b) l’importanza del comico introdotta da Freud come fattore importantissimo per la liberazione dell’uomo dalla nevrosi e dalla paura.