Seconda guerra mondiale
27 Gennaio 2019Paul Verlaine di Carlo Zacco
27 Gennaio 2019di Carlo Zacco
Aldo Palazzeschi (1885 – 1974)
Son forse un poeta? No, certo. Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell’anima mia: “follia”. Son dunque un pittore? Neanche. Non ha che un colore la tavolozza dell’anima mia: “malinconia”. Un musico, allora? Nemmeno. Non c’è che una nota nella tastiera dell’anima mia: “nostalgia”. Son dunque… che cosa? Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. Chi sono? Il saltimbanco dell’anima mia.
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Soluzioni opposte. Corazzini, Gozzano, Pascoli, Saba: fatte le debite differenze si può dire che con questi autori c’è un ritorno alle cose quotidiane, in contrasto da un lato con le grandi astrazioni romantiche, e dall’altro con il superomismo o l’estetismo. Anche il quotidiano è degno di attenzione artistica: la loro è una reazione diversa, a tratti opposta, ad una stessa inquietudine data dalla precarietà dell’esistenza che tormentava tutti i poeti decadenti. Il futurismo costituisce proprio la risultante opposta: i poeti futuristi si riconoscono nel presente e nel futuro, sono lala marciante del decadentismo, interpretano la vita concepita come flusso continuo, come onda da cavalcare. Di fronte ad una realtà in cui non si riconoscono i futuristi demoliscono il preesistente a colpi di ruspa per ricostruirlo ex novo: sono convinti che sia sufficiente una rivoluzione espressiva, ma sarà solo un illusione; Marinetti prenderà parte a molte avventure, per giungere infine alla tragedia del fascismo.
Ma esiste anche un versante giocoso del futurismo: Marinetti e Govoni ne sono interpreti. Due poeti sempre alla ricerca della novità, ma con la costante consapevolezza di non essere mai giunti ad un punto di arrivo. Palazzeschi e Govoni sono in bilico tra Crepuscolarismo e Futurismo.
La poesia di Palazzeschi all’inizio è più vicina a crepuscolarismo: sia per quanto riguarda la polemica anti-dannunziana, sia per quanto riguarda l’ironia e la fanciullesca volontà di provocare e stupire.
Nel 1909 Palazzeschi pubblica la raccolta Poemi, in cui è contenuta la poesia Chi sono?: si domanda chi è: un poeta? un pittore? un musicista? no, niente, è un saltimbanco: un atteggiamento ironico e provocatorio, come quello di Corazzini, ma con un tono diverso: entrambi rifiutano la figura del Vate, e lo stesso farà Govoni. In questa poesia viene ripreso il motivo crepuscolare del non-poeta, ma ribaltato in tono clownesco, senza la minima autocommiserazione.
Lasciatemi divertire, in L’incendiario, 1910
L’intento ludico è evidente: lo scopo è quello di provocare il pubblico della poesia tradizionale riducendo il discorso a suoni privi di significato, è come sostituire il suono con il rumore, come faceva Cage quando suonava il pianoforte con la bacchetta, come se fosse un tamburello.
In questa poesia ci si allontana dal crepuscolarismo e ci si avvicina al futurismo per l’introduzione di elementi destrutturanti e linguaggio eversivo. Si allude in questa poesia ad una sorta di dialogo immaginario con eventuali lettori di poesia tradizionale e i loro commenti verso questo trasandato poeta: «fesso», «somaro» penseranno: ma non si accorgono che i tempi sono cambiati, che nel frattempo la poesia è andata da un’altra parte, e che il poeta può ormai soltanto divertirsi, giocando anche con la «spazzatura delle altre poesie».
Anche dietro questo sberleffo divertito ci sono profondi significati: a) la denuncia della crisi dei valori; b) l’importanza del comico introdotta da Freud come fattore importantissimo per la liberazione dell’uomo dalla nevrosi e dalla paura.