William Butler Yeats
27 Gennaio 2019Atene dalle origini a Pisistrato
27 Gennaio 2019parafrasi della poesia Alla sua donna di Giacomo Leopardi (1924) Giacomo Leopardi – Canti, X
Canti
X – Alla sua donna
Prima strofa
Cara beltá, che amore
lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
fuor se nel sonno il core
ombra diva mi scuoti,
o ne’ campi ove splenda 5
piú vago il giorno e di natura il riso;
forse tu l’innocente
secol beasti che dall’oro ha nome,
or leve intra la gente
anima voli? o te la sorte avara, 10
ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?
Il titolo “Alla sua donna” ci farebbe supporre che questa poesia sia dedicata a una donna in carne e ossa amata dal poeta, ma la poesia fin dalla prima riga ci stupisce.
“Cara beltà” non c’è il nome di una donna! “Cara bellezza che da lontano o nascondendo il viso nascondendo il tuo volto, mi ispiri amore.
Quindi è una donna che conosce solo da lontano o che gli nasconde il suo volto.
Mi ispiri amore da lontano o nascondendo il viso tranne quando forse nel sonno mi scuote il cuore come un’ombra divina o quando nei campi splende più bello più vago il giorno e il sorriso della natura forse che tu forse to beasti cioè hai reso beato, felice quel secolo innocente che che prende il nome dall’oro cioè forse tu hai reso beata l’età dell’oro quell’età medica che secondo i miti classici era prima che il mondo si corrompesse quando gli uomini vivevano in armonia con gli dei.
forse tu hai reso beato quel periodo, quel secolo innocente che ha il nome di età dell’oro ora voli lieve come anima tra la gente o forse la sorte avara il nostro destino avaro nei nostri confronti che ti nasconde a noi ti prepara però per i posteri, all’ avvenire
Seconda strofa
Viva mirarti omai
nulla speme m’avanza;
s’allor non fosse, allor che ignudo e solo
per novo calle a peregrina stanza 15
verrá lo spirto mio. Giá sul novello
aprir di mia giornata incerta e bruna,
te viatrice in questo arido suolo
io mi pensai. Ma non è cosa in terra
che ti somigli; e s’anco pari alcuna 20
ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
saría, cosí conforme, assai men bella.
Non mi resta nessuna speranza di poterti ammirare da viva l’unica speranza è che è che io potrò ammirarti quando sarò morto io io ho sognato che tu fossi viatrice in questo arido suolo cioè che tu potessi camminare sulle strade di questa arida terra.
Ma non c’è una cosa sulla terra che ti somigli, e se anche ce ne fosse una pari a te nel volto negli atti e nel modo di parlare, tuttavia sarebbe pur somigliandoti, assai meno bella.
Terza strofa
Fra cotanto dolore
quanto all’umana etá propose il fato,
se, vera e quale il mio pensier ti pinge, 25
alcun t’amasse in terra, a lui pur fôra
questo viver beato:
e ben chiaro vegg’io siccome ancora
seguir loda e virtú qual ne’ prim’anni
l’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse 30
il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
e teco la mortal vita saría
simile a quella che nel cielo indía.
Se in mezzo a tutto il dolore che il nostro destino ha imposto alla vita umana, se in mezzo a tutto questo dolore ci fosse un uomo sulla terra che potesse amarti, questa vita gli sarebbe per lui una vita beata una vita di felicità perfetta, cioè se ci fosse una vita trascorsa con te, quella vita sarebbe simile alla vita eterna.
La vita nel cielo “india”, cioè nel cielo ti rende come un dio.
Quarta strofa
Per le valli, ove suona
del faticoso agricoltore il canto, 35
ed io seggo e mi lagno
del giovanile error che m’abbandona;
e per li poggi, ov’io rimembro e piagno
i perduti desiri e la perduta
speme de’ giorni miei; di te pensando, 40
a palpitar mi sveglio. E potess’io,
nel secol tetro e in questo aer nefando,
l’alta specie serbar; ché dell’imago,
poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.
Per le valli e per gli poggi dovunque io vada di te pensando a palpitare mi sveglio, cioè mi sveglio palpitante, col cuore che batte all’impazzata, pensando a te e magari potessi io in questo secolo tetro, in questo periodo oscuro e in questo aer nefando, in questa aria malefica, potessi io serbar l’alta specie, potessi io conservare la mia memoria, la tua alta bellezza, il tuo meraviglioso aspetto, poiché dell’imago, poiché della tua figura assai m’appago, della tua immagine, anche solo della tua immagine, siccome mi è tolta la possibilità di vederti, davvero io mi accontenterei assai.
Quinta strofa
Se dell’eterne idee 45
l’una sei tu, cui di sensibil forma
sdegni l’eterno senno esser vestita,
e fra caduche spoglie
provar gli affanni di funerea vita;
o s’altra terra ne’ superni giri 50
fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
e piú vaga del sol prossima stella
t’irraggia, e piú benigno etere spiri;
di qua, dove son gli anni infausti e brevi,
questo d’ignoto amante inno ricevi. 55
Se delle eterne idee l’una sei tu, se tu sei una di quelle idee eterne perfette, immutabili, la bellezza con la B maiuscola, che costituisce un ideale per qualunque uomo, se tu sei una di quelle eterne idee e sdegni che il tuo eterno senno, cioè che che la tua essenza eterna sia vestita di forma sensibile, cioè se non vuoi assumere una forma sensibile, che si possa percepire con i cinque sensi, e sdegni e non vuoi provare gli affanni di questa vita funerea destinata alla morte, in mezzo a queste cadute spoglie cioè ai sembianti agli esseri destinati a perire, destinati a finire, se tu non vuoi prendere la forma sensibile e mortale.
O se altra terra nei su perni giri, se un’ altra nazione, un’altra terra nei giri altissimi, profondissimi dell’universo, fra mondi innumerabili, nella miriade, in mezzo alla miriade dei mondi che possono esistere, se un’altra terra ti accoglie, che ti riceve, se tu vivi da un’altra parte, e più vaga del sole prossima stella t’irraggia, cioè e se ti illumina, ti riscalda, una stella a te vicina e più bella del sole, e spiri, cioè respiri un’aria più benigna, più benevola, ti prego, da qui, di qua, dove sono gli anni infausti e brevi, dove gli anni trascorrono, gli anni sfortunati e brevi, troppo brevi, ricevi ti prego questo inno di ignoto, amante ricevi questo inno del tuo innamorato sconosciuto.