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27 Gennaio 2019Confronto tra Il principe e i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
27 Gennaio 2019Francesco Bacone (Francis Bacon) (1561-1626) è noto per la sua critica al sapere tradizionale e per la promozione di un nuovo metodo scientifico basato sull’osservazione attenta dell’esperienza e finalizzato all’azione pratica.
Nella sua opera, Bacone critica Platone, Aristotele e la filosofia medievale per aver trascurato l’importanza dell’osservazione diretta della natura e per aver privilegiato concetti astratti e teorici. Egli enfatizza l’importanza della conoscenza pratica e della sua applicazione per il dominio dell’uomo sulla natura.
Bacone sostiene che i “veri antichi” erano in realtà i “moderni”, poiché avevano ereditato tutta la conoscenza del passato e disponevano di mezzi sconosciuti agli antichi. Critica il principio di autorità della Scolastica, sottolineando la necessità di sfidare le opinioni accettate senza verifica. Inoltre, contrasta la visione magico-alchemica del Rinascimento, sostenendo che la conoscenza dovrebbe essere collettiva e sottoposta a verifiche sperimentali.
Al centro del pensiero di Bacone c’è la tecnica come strumento per il dominio dell’uomo sulla natura. Tuttavia, avverte dei rischi dell’utilizzo non etico della tecnologia, sottolineando l’importanza di comandare la natura solo rispettandone le leggi. Il suo obiettivo primario è la subordinazione delle conoscenze teoriche alla pratica, in linea con l’ascesa dell’economia capitalistica e dello sviluppo industriale del suo tempo.
Bacone elabora un nuovo metodo scientifico basato sull’induzione, differenziandolo dal metodo aristotelico deduttivo. Egli critica l’induzione aristotelica per la sua mancanza di completezza, gradualità e sperimentazione. Il nuovo metodo baconiano si basa sull’osservazione empirica, sull’enumerazione incompleta per esclusione e sull’esperimento cruciale. Bacone sostiene che la conoscenza scientifica dovrebbe essere progressiva e basata sull’osservazione accurata dei fenomeni naturali, seguita da un rigoroso processo di verifica sperimentale. Tuttavia, il suo concetto di “forma” dei fenomeni lo lega ancora alla tradizione aristotelica, anche se la scienza moderna successiva ha adottato un approccio più quantitativo.
Galileo è considerato il padre del metodo scientifico, un metodo che ha come scopo (Galileo, come sai, è un “realista”) di scoprire la natura come la vede Dio. In Inghilterra, nello stesso periodo, un altro pensatore mette in evidenza un’altra componente della scienza: il POTERE. Si tratta di Bacone (Francis Bacon: 1561-1626, una brillante carriera politica sotto Giacomo I stroncata da una condanna per corruzione). Puoi intuire cosa c’entra il “potere” con la scienza?
Credo di sì: credo che la scienza abbia come scopo proprio il potere, cioè il dominio delle forze della natura.
E’ così: il sapere scientifico, per Bacone, ha lo scopo di portare l’uomo a dominare la natura, a fare della natura il “regno dell’uomo”.
Si tratta di uno scopo caratteristico della magia: si pensi al sogno di trasformare le cose in oro. In che cosa, secondo te, si differenzia la scienza dalla magia?
Ci provo: secondo me la magia è qualcosa di “occulto”, mentre la scienza è un “sapere trasparente”.
E’ così: la magia è un sapere occulto, mentre la scienza è un sapere trasparente, aperto a tutti. Ma anche l’altro argomento è valido: la magia ha a che fare con i poteri di una persona, al contrario della scienza che coinvolge più ricercatori ed è controllabile da tutti gli scienziati. Il fine, tuttavia, per Bacone è lo stesso: dominare la natura. E per dominare la natura occorre, ovviamente, carpirne i segreti. Ma… come carpirli questi segreti? Tu dirai (conoscendo Galileo) che ciò è possibile scoprendo le “leggi” della natura. Ma per Bacone non è proprio così, cioè… (prova tu a proporre una congettura)
cercando la finalità di un fenomeno naturale: se conosco il fine, potrò indirizzarlo, orientarlo per scopi umani.
A cosa potrebbe servire conoscere il fine? Bacone, come Galileo, ritiene del tutto sterile per la scienza porre l’interrogativo sui fini della natura. Che conta, per lui, è scoprire la “natura” di un fenomeno, di una cosa se si vuole arrivare al “dominio”.
Riassumiamo: la scienza si propone di “dominare” la natura e per dominare la natura occorre scoprirne la “natura”. Soffermiamoci ancora un attimo sul primo punto. Per Bacone è ora di prendere le distanze da una tradizione consolidata e dare il via ad un sapere non più sterile, ma “produttivo”, “utile” all’uomo, un sapere che sia un “servizio” per l’uomo. Quale potrebbe essere il bersaglio polemico di Bacone?
Immagino sia il sapere aristotelico: per Aristotele, infatti, la metafisica – il sapere per eccellenza – è un sapere del tutto “inutile” in quanto è un sapere “del tutto disinteressato”.
E’ così. E’ Aristotele, infatti, il bersaglio polemico di Bacone. Bacone mette sotto accusa un tipo di sapere fine a se stesso, non utile.
Bacone prende le distanze sia dal metodo “deduttivo” che dal metodo “induttivo” di Aristotele. Partiamo dalla polemica contro la deduzione aristotelica: qual è la debolezza, per Bacone, di tale ragionamento?
Si tratta di un ragionamento (vedi il sillogismo) del tutto sterile in quanto la conclusione è già di fatto contenuta nelle premesse.
E’ quanto pensa Bacone: il sillogismo è un ragionamento del tutto sterile, cioè non porta a scoprire niente di nuovo.
Bacone prende le distanze anche dall’induzione aristotelica: quale la ragione? Prova ad intuirla.
Immagino che la ragione sia questa: l’induzione non può portare ad una proposizione universale e necessaria.
E’ questa anche una convinzione di Aristotele. Sta di fatto che Bacone è convinto che l’induzione aristotelica parta da pochi casi particolari per poi volare subito a risultati generali quando invece è necessario un paziente lavoro di “interrogazione” della natura mediante una precisa descrizione dei fenomeni in questione.
Bacone, quindi, prende le distanze dai metodi aristotelici ed avverte l’esigenza di arrivare ad un “nuovo metodo” (un nuovo metodo che espone in un’opera che chiama “Il Nuovo Organo”, in contrapposizione all’”Organon” – libro di logica – di Aristotele). Ma per arrivare a scoprire tale nuovo metodo, occorre per Bacone, prendere le distanze non solo da Aristotele.
Occorre, per Bacone, effettuare un grande sforzo intellettuale per liberarsi da una serie di “pregiudizi” (che Bacone chiama “idoli” per mettere in evidenza il fascino che tali pregiudizi esercitano sulla mente umana), pregiudizi che soggiogano tutta l’umanità. Bacone ritiene che, tra i pregiudizi, ce ne siano di quelli che sono radicati nella mente di ogni uomo (li chiama in latino “idola tribus”). Cosa saranno mai?
Non vedo che cosa possa esserci di non acquisito. Comunque ci provo. Forse si tratta della tendenza dell’uomo a proiettare nella natura ciò che invece è umano: la tendenza, ad esempio, a vedere la natura “animata”, con una “intenzionalità” non è ad esempio la tendenza presente in ogni bambino e nell’infanzia dell’umanità?
Per Bacone ogni uomo (anche l’uomo maturo) è schiavo di certi pregiudizi.
Vuoi provare ancora? Che cos’è che condiziona ogni uomo?
Ogni uomo – questo almeno mi pare – tende a vedere solo ciò che per lui ha interesse : non è un fatto che le donne “vedono” certe cose che gli uomini non vedono e
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