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28 Dicembre 2019“Il passero solitario” è una delle poesie più celebri di Giacomo Leopardi, scritta nel 1829 e pubblicata nel 1831 nella raccolta “Canti”.
In questa poesia, Leopardi riflette sul tema della solitudine, utilizzando la figura del passero come simbolo della propria condizione esistenziale.
Ecco il testo completo della poesia:
Il passero solitario
D’in su la vetta della torre antica, 1
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno 5
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri, 10
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi 15
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore, 20
Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio, 25
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne, 30
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra. 35
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica 40
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu solingo augellin, venuto a sera 45
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza 50
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro, 55
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
La poesia si sviluppa in tre strofe, ognuna delle quali presenta una riflessione sulla solitudine e sull’isolamento del poeta, paragonato al passero che canta solitario sulla vetta di una torre antica. Leopardi esprime il suo senso di estraneità rispetto alla vita sociale e agli svaghi dei giovani, sentendosi più affine alla natura e al suo silenzio.
Audio Lezioni su Giacomo Leopardi del prof. Gaudio