Titiro e Melibeo
27 Gennaio 2019Zaira Gangi
27 Gennaio 2019dalla Divina commedia di Dante Alighieri
di Carlo Zacco
Purgatorio XXVII
1-15. L’angelo della Castità. Il sole sta tramontando, quando i tre viandanti giungono al passo del perdono, dove si trova l’angelo della castità.
– dopo aver cantato una beatitudine (Beati i puri di cuore), invita i poeti ad attraversare la cortina di fuoco, avvertendo che non si può procedere oltre senza aver compiuto questo passaggio tra le fiamme;
– Dante sbigottisce.
Sì come quando i primi raggi vibra là dove il suo fattor lo sangue sparse, cadendo Ibero sotto l’alta Libra, 3 e l’onde in Gange da nona rïarse, sì stava il sole; onde ‘l giorno sen giva, come l’angel di Dio lieto ci apparse. 6
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Il sole era nella posizione in cui sta quando sorge (i primi raggi vibra) a Gerusalemme (là dove il suo fattor lo sangue sparse); mentre l’Ebro (Ibero) si trova (cadendo) sotto la costellazione della Bilancia, e le acque del Gange sono riarse dall’ora meridiana (nona); per cui era il tramonto (lo giorno sen giva) nel Purgatorio, quando ci apparve l’angelo di Dio. – candendo ibero: specie di ablativo assoluto > si trova; – Gange: sta per India: il punto più occidentale rispetto a Gerusalemme; – è mezzogiorno nel Gange > l’alba a Gerus > tramonto in Purg |
Fuor de la fiamma stava in su la riva, e cantava ‘Beati mundo corde!’ in voce assai più che la nostra viva. 9 |
– in su la riva: sul bordo della cornice; – Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum Videbunt; la beatitudine si adatta alle anime di questa cornice perché: 1) fa riferimento alla purezza (contrario della lussuria); 2) fa riferimento alla prossima visione di Dio; |
Poscia «Più non si va, se pria non morde, anime sante, il foco: intrate in esso, e al cantar di là non siate sorde», 12 ci disse come noi li fummo presso; per ch’io divenni tal, quando lo ‘ntesi, qual è colui che ne la fossa è messo. 15 |
– morde > fa sentire il suo morso ardente; – anime sante: rivolto a tutte le anime del P.; – il cantar > dell’angelo che sta dall’altra parte della cortina; – non siate sorde > prestate attenzione; – divenni..messo > divenni pallido come un cadavere; |
16-45. Esitazione di Dante. Dante guarda la fiamma terrorizzato:
– Virgilio lo rassicura, dicendogli che non ha nulla da temere, e che non si brucerà;
– gli ricorda anche tutte le volte che lo ha condotto salvo fuori dall’inferno (Gerione);
– ma Dante non ne vuol sapere, e si rifiuta di entrare nel fuoco;
– allora Virgilio si gioca l’ultima carta per convincerlo: e gli ricorda che dall’altra parte del muro di fuoco cà Beatrice che lo aspetta;
– a quel punto Dante si prende di coraggio.
In su le man commesse mi protesi, guardando il foco e imaginando forte umani corpi già veduti accesi. 18 |
Mi sporsi davanti con le mani congiunte e strette (commesse), guardando il fuoco e immaginando distintamente (forte) dei corpi umani, come mi era capitato di vederne, arsi vivi tra le fiamme; – già vedute: nelle pubbliche esecuzioni, sul rogo; – commesse > le mani giunte, con le palme in avanti, come a farsi scudo dal fuoco; |
Volsersi verso me le buone scorte; e Virgilio mi disse: «Figliuol mio, qui può esser tormento, ma non morte. 21 Ricorditi, ricorditi! E se io sovresso Gerïon ti guidai salvo, che farò ora presso più a Dio?24 |
– le buone scorte: Virgilio e Stazio; – qui > in Purgatorio; – Ricorditi, ricorditi > della tua lussuria! Già i commentatori antichi facevano riferimento alla lussuria di Dante, per aver cantato anch’egli (come Arnaut e Guinizzelli) poesie d’amore; |
Credi per certo che se dentro a l’alvo di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe far d’un capel calvo. 27 E se tu forse credi ch’io t’inganni, fatti ver’ lei, e fatti far credenza con le tue mani al lembo d’i tuoi panni. 30 Pon giù omai, pon giù ogne temenza; volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». E io pur fermo e contra coscïenza. 33 |
– alvo > ventre (della fiamma); – non..calvo > non cadrà un capello dal vostro capo; scritturale: capillus de capite vestro non peribit (Luca, XXI, 18); – fatti: avvicinati alla fiamma; – far credenza > fatti dare prova accostando [al fuoco] con le mani un lembo della tua veste; – pon giù > riponi; – pur fermo: ostinatamente fermo e contro la voce della coscienza (che lo esorta a fidarsi di Virgilio); |
Quando mi vide star pur fermo e duro, turbato un poco disse: «Or vedi, figlio: tra Bëatrice e te è questo muro».36 |
– star duro: continuare a star ostinatamente fermo; – turbato: perché si accorge che le sue parole sono state vane, e non riescono a convincere Dante; – Beatrice: non gli resta che giocarsi l’ultima carta; – questo muro > è l’unica cosa che ti separa da Beatrice; |
Come al nome di Tisbe aperse il ciglio Piramo in su la morte, e riguardolla, allor che ‘l gelso diventò vermiglio; 39 così, la mia durezza fatta solla, mi volsi al savio duca, udendo il nome che ne la mente sempre mi rampolla. 42 Ond’ ei crollò la fronte e disse: «Come! volenci star di qua?»; indi sorrise come al fanciul si fa ch’è vinto al pome. 45 |
– la mia durezza fatta solla: specie di ablativo assoluto; – durezza > ostinazione; – solla > cedevole; – rampolla > sgorga a mo di polla, zampilla; – crollò la fronte: tentennò il capo, come a sorridente rimprovero; – volenci star di qua?: vogliamo dunque restarcene di qua? – vinto al pome: come si fa con un fanciullo che si è lasciato convincere con la promessa di un pomo; |
Pyramo e Tisbe. La storia è in Ovidio (Met. IV 55-166):
– Piramo e Tisbe, sono due giovani babilonesi, si amano, ma sono contrastati dalle rispettive famiglie;
– decidono allora di fuggire insieme e si danno appuntamento presso un gelso fuori città;
– Tisbe arriva prima, ma è costretta a fuggire perché inseguita da una leonessa;
– nella fuga lascia cadere il velo > la leonessa lo annusa, e lo macchia col suo muso insanguinato;
– Poco dopo sopraggiunge Piramo, e vedendo il foulard di Tisbe sporco di sangue la crede morta;
– per questo si uccide con una spada;
– Appena Tisbe crede di aver seminato la leonessa torna al gelso, e vede Piramo morente: gli si avvicina, si china, lo scongiura di aprire gli occhi l’ultima volta, e guardarla, ripetendo il proprio nome: «Tua te carissima Thisbe / nominat»;
– Sentendo quel nome Piramo apre gli occhi, già gravati dalla morte, la vede e la riconosce: «Ad nomen Thisbes oculos iam morte gravatos / Pyramos erexit visaque recondidit illa» (ibid. 145-6).
– Tisbe, vedendolo ormai morto, si uccide a sua volta accanto a lui.
– Il sangue di Piramo bagnò le radici dell’albero, e da quel giorno i frutti del gelso si mutarono di bianchi in vermigli.
46-63. Passaggio attraverso il fuoco. Virgilio si avvia attraverso la fiamma, e prega Stazio di venire per ultimo dopo Dante;
– Dentro al fuoco il calore è insopportabile, ma Virgilio continua a rassicurare Dante, parlandogli sempre di Beatrice.
– Mentre camminano tra le fiamme, sentono una voce che canta: «Venite, benedicti Patris Mei»;
– poi la stessa voce li invita ad affrettarsi prima che scenda la notte;
Poi dentro al foco innanzi mi si mise, pregando Stazio che venisse retro, che pria per lunga strada ci divise.48 |
– che pria…: i tre camminavano in fila indiana, e Dante era ultimo, dopo Stazio, che lo separava da Virgilio; – lunga strada: per tutta la 7° cornice, molto stretta; |
Sì com’fui dentro, in un bogliente vetro gittato mi sarei per rinfrescarmi, tant’ era ivi lo ‘ncendio sanza metro.51 Lo dolce padre mio, per confortarmi, pur di Beatrice ragionando andava, dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi». 54 |
– sì com: non appena; – bogliente vetro: vetro liquefatto (dal calore); – sanza metro: senza misura, smisurato; – Li occhi suoi…: già mi sembra di vedere i suoi occhi. Anche questa frase è quella di una madre al fanciullo. |
Guidavaci una voce che cantava di là; e noi, attenti pur a lei, venimmo fuor là ove si montava.57 ‘Venite, benedicti Patris mei’, sonò dentro a un lume che lì era, tal che mi vinse e guardar nol potei. 60 «Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera; non v’arrestate, ma studiate il passo, mentre che l’occidente non si annera». 63 |
– una voce: è quella dell’altro angelo, che li attende al di là delle fiamme per avviarli alla scala che porta al P.T; – attenti pur a lei: sempre attenti a quella voce; – venite: venite, benedetti del Padre mio; – tal > tanto luminoso: come accadrà praticamente sempre quando vedrà gli angeli in Paradiso; – mentre che: fin che; |
– Venite, benedicti…: è l’inizio del brano evangelico nel quale Gesù preannuncia agli apostoli le parole che egli dirà nel giorno del giudizio universale, rivolgendosi agli eletti: «Venite, benedicti Patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi» (Matth. 25, 34), cioè:
– «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo».
– In questo luogo l’invito risuona con preciso significato: le anime infatti che giungono a questa soglia sono ormai purificate e pronte a salire al paradiso.
La traversata delle fiamme. Questo rituale di attraversamento delle fiamme ha valore simbolico:
– il fuoco è simbolo della passione d’amore, e nel Purgatorio, per contrappasso, è l’antidoto;
– molte fonti medievali attestano che Dante era un noto peccatore di lussuria; lo stesso Pietro, figlio di Dante, afferma che al padre piaceva deflorare fanciulle vergini;
– ma al di là di ciò quello che ci interessa non è tanto la lussuria reale, bensì la lussuria poetica, che lo aveva accomunato a Guinizzelli e Arnaut Daniel
– e che nell’inferno lo aveva fatto svenire all’ascolto del racconto di Francesca.
– E’ normale, dunque, che qui lui partecipi con una certa intensità, al castigo dei lussuriosi;
– come tra i Superbi doveva procedere rannicchiato;
– e in mezzo al fumo degli iracondi gli occhi bruciavano anche a lui.
64-93. Inizio della salita e sosta notturna. I tre viandanti iniziano la salita, ma, una volta fatti pochi gradini, il sole tramonta e devono fermarsi;
– ognuno si dispone su un gradino: Virgilio e Stazio vegliano sul sonno di Dante, come il pastore veglia durante la notte sulle capre;
– la scala sui cui Dante riposa è scavata nella roccia, e tra le due pareti Dante vede una piccola porzione di cielo, e nota che da lì le stelle sono più luminose;
– Dopo aver meditato un po, chiude gli occhi e si addormenta.
Dritta salia la via per entro ‘l sasso verso tal parte ch’io toglieva i raggi dinanzi a me del sol ch’era già basso. 66 E di pochi scaglion levammo i saggi, che ‘l sol corcar, per l’ombra che si spense, sentimmo dietro e io e li miei saggi. 69 E pria che ‘n tutte le sue parti immense fosse orizzonte fatto d’uno aspetto, e notte avesse tutte sue dispense,72 ciascun di noi d’un grado fece letto; ché la natura del monte ci affranse la possa del salir più e ‘l diletto. 75 Quali si stanno ruminando manse le capre, state rapide e proterve sovra le cime avante che sien pranse, 78 tacite a l’ombra, mentre che ‘l sol ferve, guardate dal pastor, che ‘n su la verga poggiato s’è e lor di posa serve; 81 e quale il mandrïan che fori alberga, lungo il pecuglio suo queto pernotta, guardando perché fiera non lo sperga; 84 tali eravamo tutti e tre allotta, io come capra, ed ei come pastori, fasciati quinci e quindi d’alta grotta.87 Poco parer potea lì del di fori; ma, per quel poco, vedea io le stelle di lor solere e più chiare e maggiori.90 Sì ruminando e sì mirando in quelle, mi prese il sonno; il sonno che sovente, anzi che ‘l fatto sia, sa le novelle. 93 |
– Dritta: e quindi più rapida; – verso tal parte: in direzione tale che io, salendo, proiettavo davanti a me l’ombra del sole al tramonto; vale a dire, verso levante; – E di pochi scaglion…: e potemmo far saggio, prova, soltanto di pochi gradini…; – levare il saggio vuol dire prendere una piccola parte, un «assaggio» da qualcosa, per provarne la qualità; – che ‘l sol corcar…: che già sentimmo tramontare il sole dietro di noi, allo spengersi della mia ombra sul terreno; – immense…: prima che l’orizzonte fosse divenuto tutto ugualmente oscuro (d’uno stesso aspetto) nella sua immensità… – tutte sue dispense: tutte le parti a lei assegnate, cioè avesse occupato tutte le zone del cielo; dispensa nel senso di «parte assegnata»; – la natura del monte: la legge naturale del purgatorio, dove non si può procedere dopo il tramonto del sole. – ci affranse: ci abbatté, ci fiaccò, la forza e il desiderio stesso (la possa e il diletto) di salire; – manse: mansuete (Lat.); – state rapide e proterve: che già sono state, durante il giorno, veloci sui pascoli e ardite, irrequiete; – avante che sien pranse: prima che abbiano pranzato; – guardate dal pastor: dipende da si stanno; – e lor di posa serve: e concede loro riposo; – e quale il mandrian: come il mandriano, che abita in estate fuori della sua casa (nelle baracche provvisorie), trascorre la notte sdraiato presso il suo gregge quieto, attento a che le belve (s’intende i lupi) non lo disperdano (< lat. expergere); – fasciati: tutti avvolti, racchiusi, da una parte e dall’altra, dall’alta parete del monte; – del di fori: della volta celeste; – ma, per quel poco…: in quel poco di cielo, Dante vede splendere le stelle più luminose e più grandi del solito; – ruminando: così meditando, e così guardando in alto le stelle…; – anzi che ‘l fatto sia…: prima che le cose accadano, già sa profeticamente le notizie (le novelle) di ciò che accadrà. |
94-108. Sogno di Dante. Poco prima dell’alba Dante sogna di vedere una giovane fanciulla andare per un prato raccogliendo fiori;
– la fanciulla dice di essere Lia, e di voler fare una ghirlanda per adornarsi;
– dice anche che la sorella Rachele, invece, si diletta di guardarsi nello specchio tutto il giorno.
Ne l’ora, credo, che de l’orïente prima raggiò nel monte Citeréa, che di foco d’amor par sempre ardente, 96 giovane e bella in sogno mi parea donna vedere andar per una landa cogliendo fiori; e cantando dicea: 99 «Sappia qualunque il mio nome dimanda ch’i’ mi son Lia, e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda. 102 Per piacermi a lo specchio, qui m’addorno; ma mia suora Rachel mai non si smaga dal suo miraglio, e siede tutto giorno. 105 Ell’ è d’i suoi belli occhi veder vaga com’io de l’addornarmi con le mani; lei lo vedere, e me l’ovrare appaga». 108 |
– Ne l’ora, credo…: nell’ora antelucana, quando dalla parte d’oriente la stella di Venere irradiò per prima la sua luce sul monte; – Musicalità dei versi; – landa: spazio aperto e piano; – cogliendo… cantando: i due gerundi esprimono la leggerezza dell’andare, e la dolcezza della melodia; – a lo specchio: lo specchio rappresenta la stessa anima dell’uomo, nella quale si vede Dio; – non si smaga: non si distoglie; – miraglio < dal provenzale miralh: specchio; – specchio > anima; occhi > la realtà divina; – con le mani: l’operosità delle mani è chiaro simbolo della vita attiva; |
1° sogno: IX, 13-33. L’aquila. Nella valletta dell’antipurgatorio, prima di entrare.
– Dante sogna di essere ghermito da un’aquila, e portato oltre la sfera del fuoco;
2° sogno: XIX, 1-7. La femmina balba. Nel passaggio dalla cornice degli accidiosi (4) a quella degli avari (5);
– Dante sogna una donna bruttissima, guercia, storpia, e balbuziente;
– la guarda, e lei diventa bellissima e affascinante. Ma V. le apre la veste, e Dante si sveglia per il fetore;
3° sogno. Questa fanciulla richiama la bellezza della donna stilnovista;
– e prefigura anche la bellezza tipica del paradiso, che sta per arrivare;
Lia: Nel libro della Genesi si racconta che Giacobbe si reca presso il suo zio Labano per cercare moglie.
– Labano ha due figlie: Lia e Rachele: la prima non era bella, ma feconda; la seconda bellissima ma sterile.
– Giacobbe si innamora di Rachele e si mette a servizio del parente per sette anni per ottenerla.
– Ma nella notte del matrimonio lo zio gli concede in moglie la primogenita Lia.
– Giacobbe in seguito dovrà lavorare per Labano altri 7 anni per ottenere anche Rachele.
– L’esegesi tradizionale vedeva nelle due mogli il simbolo delle due vite, attiva e contemplativa, proprie dell’uomo (Giacobbe rappresenta infatti tutta l’umanità);
– Il vedere e l’ovrare, il contemplare e l’operare, sono le due strade, l’una «buona» e l’altra «ottima», come dice Dante nel Convivio, per giungere alla felicità in questa vita;
– Lia (vita attiva) prefigura Matelda, la donna che aiuterà Dante a compiere dei riti prima di ascendere;
– Rachele invece è associata a Beatrice, che quindi richiamerebbe, oltre che la Teologia, la vita contemplativa.
109-123. Salita al Paradiso Terrestre. Dante si risveglia, vede i due poeti già pronti a partire, e si alza.
– Virgilio annuncia a Dante che oggi raggiungerà il Paradiso, che è quel bene che tutti gli uomini desiderano.
– Dante sente il desiderio di salire rapidamente la scala che lo porterà al Paradiso;
– gli sembra anche si sentirsi più leggero man mano che sale, e sente crescere il proprio vigore;
E già per li splendori antelucani, che tanto a’ pellegrin surgon più grati, quanto, tornando, albergan men lontani, 111 le tenebre fuggian da tutti lati, e ‘l sonno mio con esse; ond’ io leva’mi, veggendo i gran maestri già levati. 114 «Quel dolce pome che per tanti rami cercando va la cura de’ mortali, oggi porrà in pace le tue fami».117 Virgilio inverso me queste cotali parole usò; e mai non furo strenne che fosser di piacere a queste iguali.120 Tanto voler sopra voler mi venne de l’esser sù, ch’ad ogne passo poi al volo mi sentia crescer le penne. 123 |
– antelucani: che precedono la luce; – che tanto…: che tanto più graditi sorgono ai pellegrini, quanto più sono vicini a casa nel viaggio di ritorno; – Quel dolce pome…: quel frutto che gli uomini vanno affannosamente cercando per vie e modi diversi (per tanti rami) è metafora della felicità terrena, che oggi Dante potrà raggiungere, entrando nel Paradiso terrestre; – strenne: annunzi augurali; presso i romani un dono con valore augurale offerto il primo gennaio a parenti e amici; – crescer le penne: crescer le ali, cioè la forza per salire, andando ormai come se volassi. |
Il pellegrin. I versi 109-111 richiamano l’inizio del canto VIII, e ne rovesciano il senso:
Era già l’ora che volge il disio / ai navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’ han detto ai dolci amici addio;
– qui è il tramonto, e Dante sta per iniziare il suo cammino nel Purgatorio;
– nel canto XXVII Dante è alla fine del percorso, ed è l’alba;
124-142. Ultime parole di Virgilio. I tre giungono alla sommità della scala. Virgilio guarda intensamente Dante negli occhi, e gli parla in modo solenne:
– gli dice che i l suo compito è finito: gli ha mostrato tutto quello che era in suo potere mostrargli;
– In questo luogo Dante non dovrà più attenersi alle sue indicazioni prima dell’arrivo di Beatrice;
– è libero di muoversi come vuole. Infine gli dice : «io ti proclamo padrone di te stesso».
Come la scala tutta sotto noi fu corsa e fummo in su ‘l grado superno, in me ficcò Virgilio li occhi suoi, 126 e disse: «Il temporal foco e l’etterno veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte dov’ io per me più oltre non discerno.129 Tratto t’ho qui con ingegno e con arte; lo tuo piacere omai prendi per duce; fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte. 132 Vedi lo sol che ‘n fronte ti riluce; vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli che qui la terra sol da sé produce. 135 Mentre che vegnan lieti li occhi belli che, lagrimando, a te venir mi fenno, seder ti puoi e puoi andar tra elli. 138 Non aspettar mio dir più né mio cenno; libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: 141 per ch’io te sovra te corono e mitrio» |
– corsa: percorsa; – temporal foco: hai visto le pene temporanee (del Purgatorio) e quelle eterne (dell’Inferno); – in parte..: nel luogo (il Paradiso) dove io (la ragione umana), con le mie forze (per me) non posso guidarti; – ingegno/arte: con la ragione, e con la sua applicazione; – per duce: per guida: fai quello che ti piace; – erte/arte: ripide/strette (< artae); in senso spirituale; – lo sol: già simbolico: la grazia divina; – erbette … arbuscelli: prefigurazione del paradiso terrestre; – mentre che: finché non viene Beatrice; – lieti: ma saranno tutt’altro che lieti, in effetti; – libero: dal peccato; dritto: raddrizzato; – sano: integro; arbitrio: volontà; – fallo … senno: sarebbe (fora) un errore (fallo) non comportarsi secondo la sua volontà (a suo senno); – io … mitrio: io ti proclamo padrone di te stesso; – corono e mitrio: dittologia sinonimica: pongo sopra il suo capo la mitra e la corona; |