Inno a Venere
27 Gennaio 2019Ad Angelo Mai
27 Gennaio 2019di Carlo Zacco
Stéphan Mallarmé (1842 – 1898)
Ricerca della poesia assoluta. Lavora moltissimo sull’aspetto formale, seguendo la strana intrapresa dagli altri due. Da un lato c’è in lui la ricerca dell’assoluto, dall’altro la spersonalizzazione: la poesia vale per sé stessa.
No riferimenti biografici. Mallarmé non fa riferimento ad un esperienza concreta, mentre in Baudelaire, anche se sotto forma di immagini straniate, un vissuto concreto emerge costantemente, come pure accade in Rimbaud. In Mallarmé questo riferimento tende a scomparire per lasciare spazio alla cosiddetta ‘architettura di parole, dove l’obiettivo non è quello di nominare un oggetto ma di evocarlo tramite una suggestione.
Brezza Marina (1865)
La chair est triste, hélas! et j’ai lu tous les livres. Ne retiendra ce coeur qui dans la mer se trempe Je partirai! Steamer balançant ta mâture, Et, peut-être, les mâts, invitant les orages |
La carne è triste, ahimè ! E ho letto tutti i libri. Tratterà questo cuore che nel mare si immerge Partirò! Vascello che fai dondolare l’alberatura E, forse, gli alberi, che attirano i temporali |
I contenuti sono abbastanza decodificabili: dopo la dichiarazione della sazietà (v.1), c’è quella del desiderio di fuga, desiderio comune (vv.3-4); né il desiderio dell’arte né l’amore per la donna lo può trattenere dalla fuga nella parte finale (vv.5-10); il poeta sta parlando ma un ultima cosa lo trattiene (vv.11-15), ovvero la noia stessa che prima lo spingeva ad andarsene, e lo trattiene a speranze illusorie (e per questo crudeli). L’ultimo verso in ogni caso conferma la volontà di fuga (v.16).
La forma. Il verso è alessandrino in rima baciata, le strofe sono libere.
La noia è la protagonista del componimento; l’uso continuo del plurale toglie concretezza a ciò che viene detto: il plurale moltiplica, ma al contempo allontana e sfuma.
Raymond: le composizioni di Mallarmè sono esemplari, perfette; hanno un incanto che di per sé riesce a convincere, anche se il significato sfugge; del resto, che cos’è il significato? il significato si rivela sul come.
(sonetto) 1885
Le vierge, le vivace et le bel aujourd’hui Un cygne d’autrefois se souvient que c’est lui Tout son col secouera cette blanche agonie Fantôme qu’à ce lieu son pur éclat assigne, |
Il vergine, il vivace e il bell’oggi ci squarcerà con un colpo d’ala ebra, quest’obliato duro lago sotto la lastra trasparente del ghiaccio, affollato di voli, che non fuggirono mai!Un cigno d’altri tempi si ricorda di sé; magnifico si libra, ma senza speranza per non aver cantato il luogo ove vivere, una volta che dello sterile inverno abbia rifulso la noia. |
Scuoterà tutto il suo collo quella bianca agonia,
inflitta dallo spazio all’uccello che lo ha rinnegato.
Ma non l’orrore del suolo che imprigiona le piume.
Fantasma che a questo luogo dona il suo puro splendore.
S’immobilizza al gelido sogno di disprezzo,
che nell’inutile esilio riveste il Cigno.
Leo Spitzer ha proposto una lettura significativa per questa poesia. In l’interpretazione linguistica delle opere letterarie c’è un saggio dedicato a questa composizione.
· v. 1: Secondo Spitzer dunque Vergine, Vivace, Bello sono riferiti a Oggi, inteso come un’astrazione, sarebbe a dire: il momento che stiamo vivendo è vergine, vivace, bello. Ma Vergine vuole dire sterile e dunque in contrapposizione con gli altri.
· vv. 2-4: Ci si domanda poi se l’Oggi squarcerà l’obliato duro lago, che è ciò che tiene compresse le possibilità. I voli che non ci sono stati sono ora per sempre bloccati nel gelo a meno ché l’oggi non riesca a squarciare quel blocco. L’oggi è simbolo di libertà ma è come un uccello intrappolato nel ghiaccio.
· v. 5: Il cigno rappresenta la voglia di fuga che non ha potuto avere luogo. Il cigno avrebbe potuto elevare il proprio canto verso il suo luogo desiderato durante l’inverno, ma non lo ha fatto: il cigno è pertanto simbolo di quanto non ha avuto luogo, e testimonia quanto sarebbe stato bello. Il collo pare scuotersi e accennare alla libertà, ma il suolo lo imprigiona.
·v. 14: Nell’ultimo verso il cigno diventa Cigno, ovvero la costellazione, che guarda la terra da un’altra prospettiva. I voli non volati ricordano il ventaglio non aperto e il bacio non baciato.
Ma che cos’è l’assolutezza? Non una ricerca di un ignoto cui attingere comunque (Rimbaud) ma una ricerca attraverso l’arte: la scrittura attraverso gli artifici porta all’assoluto. Il cigno di Mallarmé non è molto diverso dall’Albatro di Baudelaire. Lo sforzo consiste nel realizzare qualcosa che siano le parole stesse a costruire, e lo stesso Mallarmè ha bisogno di una lingua diversa da quella di tutti i giorni (la lingua delle Tribù). Nonostante la somiglianza con i versi di Jodel c’è una differenza abissale, a voluta: i 3 aggettivi di Jodel si riferiscono all’occhio di Febo, ovvero una cosa concreta, mentre in Mallarmè ad una cosa astratta (l’oggi). Tutte cose astratte: l’oggi, il volare, l’agonia, l’orrore del suolo; non l’orribile suolo, ma l’orrore, ovvero una cosa astratta.
Il cigno non è un vero cigno (Spitzer) e Mallarmé può solo suggerire, mai nominare e può significare l’anima in generale, mai quella singola del poeta.
A immagini di questo tipo possono essere affiancate dunque più interpretazioni senza snaturare il il senso voluto dal poeta.
Friedrich: se per esempio prendiamo dejeuner sur l’herbe di Manet ci troviamo di fronte ad un’immagine naturalistica, c’è lo sfumato, ma i corpi sono corpi, gli alberi sono alberi. Il dejeuner sur l’herbe di Picasso è molto differente: le linee sono alterate, viene eliminato il colore (operazione astraente); i corpi non sono più quelli naturali, ma vengono deformati dalla visione del pittore.
Apres-midi dun faune (1876)
Egloga famosa di Mallarmé, sulla quale 20 anni dopo Debussy scriverà un altrettanto celebre prélude. E’ l’equivalente del dejeuner sur l’herbe di Picasso: l’ambientazione è realistica (anche se il fauno è una creatura immaginaria).
Il poemetto è lungo più di 100 versi. Questo è il contenuto:
Un Fauno dà la caccia alle ninfe. Lo vediamo risvegliarsi da un sogno del quale ha piano piano una percezione sempre più chiara; poi lo vediamo che, mentre è intento nella ricerca delle canne per il suo zufolo, sente delle ninfe fare il bagno; le raggiunge, le rapisce, fa sesso con loro, si addormenta. Al suo risveglio non si ricorda se si è trattato di un sogno o meno.
Il risveglio è sfumato, le immagini si mescolano: sogno-veglia, immagine-parola si mischiano. Il risveglio viene presentato lentamente e con le immagini che sfumano una nell’altra.