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27 Gennaio 2019I paladini rispondevano ad un ben preciso codice di Valori Morali nel loro agire per il Signore e per la Cristianità
I cavalieri carolingi, come emerge dalle figure dei paladini caduti a Roncisvalle, combattevano animati da un profondo senso di fedeltà per il signore e di Fede nella Religione, senso di fedeltà per il signore in quanto legati a lui da un giuramento, fondamento di ogni rapporto tra le persone nell’alto medioevo e la cui rottura avrebbe determinato l’esclusione dalla società; Fede in quanto pilastro di una società in cui il potere spirituale si affiancava e a volte si confondeva con quello temporale.
Non erano questi gli unici valori che determinavano il comportamento del cavaliere: uguale importanza aveva l’affermazione del proprio onore. Questa ricerca spingeva i cavalieri a intraprendere le imprese più rischiose e, quando queste non vi fossero, a crearne. Emblematico di ciò è il rifiuto da parte di Rolando, prototipo del paladino, di suonare il corno per chiamare in suo aiuto l’esercito di Carlo di fronte all’armata saracena per affermare il proprio ruolo.
Quest’aspetto deriva dalla società dei popoli barbarici, popoli che s’identificavano con i loro eserciti, nella quale l’unico modo di emergere era imporsi grazie al proprio valore fisico e all’uso nelle guerre della forza diretta e non più della tattica, tanto cara ai romani.
Un altro aspetto che caratterizza il cavaliere carolingio è il forte spirito di condivisione con i compagni d’arme. Questo spirito va ricercato nella truste dei Merovingi e più indietro nel Gisind germanico, “compagno di spedizione” , chiamato da Tacito nel I secolo comes, il quale viveva in stretto contatto con il capo e con i suoi compagni, e ne condivideva la vita, formando così un legame assai più forte del cameratismo.
consulta La Chanson De Roland
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