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27 Gennaio 2019Nel medioevo il feudatario era considerato l’Uomo Di Un Altro Uomo, tenuto ad essere fedele al signore che gli aveva concesso il beneficio
A causa del vuoto di potere dovuto alla caduta dell’Impero Romano, in Gallia si creò una situazione di insicurezza e mancanza d’ordine. In questo clima cominciarono a nascere rapporti nuovi tra il capo, che aveva bisogno di soldati per mantenere il proprio prestigio, e il debole, che doveva necessariamente affidarsi a qualcuno più potente. Il capo, con elargizioni, si occupava del mantenimento del debole, il quale in cambio gli prestava servigi, per lo più di carattere militare.
Cominciò così a delinearsi il rapporto vassallatico, che traeva origine dall’abitudine dei capi germanici di circondarsi di soldati coi quali compiere razzie, mezzo con cui venivano ricompensati gli stessi soldati.
Verso l’VIII secolo questo tipo di rapporto si specializzò e arrivò a comprendere da una parte i nobili franchi e dall’altra i cavalieri, i quali vivevano nello stesso palazzo del loro signore e lo aiutavano in guerra.
In particolare i Carolingi si servirono di questi subordinati, detti vassalli, legati loro da un giuramento di fedeltà, per raggiungere il potere.
Ora, però, i vassalli non vivevano più con il loro signore, ma questi, per mantenerli, gli dava un beneficio, vale a dire una rendita o, più spesso, terre prese dall’immenso patrimonio demaniale franco. Questo beneficio obbligava il vassallo a servire il signore e cessava di avere validità con la morte di uno dei due.
Si creò così un legame molto forte che da una parte permise alla monarchia di poter contare su un forte esercito, ma dall’altra gettò le basi per il disgregamento dello stato. Infatti, finché fu in vita Carlo, il re riuscì a controllare i suoi subordinati grazie ai vassi dominici, vassalli di rango superiore incaricati di vigilare sui vassalli minori; in seguito i rapporti vassallatico riguardarono sempre più i singoli nobili a scapito del potere centrale.
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