Buste trasparenti Concorso DS Lombardia
14 Marzo 2013NASCITA DELLA LETTERATURA LATINA
15 Marzo 2013
Poesia di Giuseppe Ungaretti da Cori descrittivi di stati d’animo di Didone |
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I.
Dileguandosi l’ombra, In lontananza d’anni, Quando non laceravano gli affanni, L’allora, odi, puerile Petto ergersi bramato E l’occhio tuo allarmato Fuoco incauto svelare dell’Aprile Da un’odorosa gota. Scherno, spettro solerte Che rendi il tempo inerte E lungamente la sua furia nota: Il cuore roso, sgombra! Ma potrà, mute lotte Sopite, dileguarsi da età, notte? Il.
La sera si prolunga Per un sospeso fuoco E un fremito nell’erbe a poco a poco Pare infinito a sorte ricongiunga. Lunare allora inavvertita nacque Eco, e si fuse al brivido dell’acque. Non so chi fu più vivo, un sussurrio sino all’ebbro rivo O l’attenta che tenera si tacque. III Ora il vento s’è fatto silenzioso E silenzioso il mare; Tutto tace; ma grido. Il grido, sola, del mio cuore , Grido d’amore, grido di vergogna Del mio cuore che brucia Da quando ti mirai e mi hai guardata E più non sono che un oggetto debole. Grido e brucia il mio cuore senza pace Da quando più non sono Se non cosa in rovina e abbandonata. VII. Nella tenebra muta Cammini in campi vuoti d’ogni grano: Altero al lato tuo più niuno aspetti. VIII. Viene dal mio al tuo viso il tuo segreto; Replica il mio le care tue fattezze; Nulla contengono di più i nostri occhi E, disperato, il nostro amore effimero Eterno freme in vele d’un indugio. X. Non odi del platano Foglia non odi a un tratto scricchiolare Che cade lungo il fiume sulle selci? Il mio declino abbellirò stasera; A foglie secche si vedrà congiunto Un bagliore roseo. |
XIII.
Sceso dall’incantevole sua cuspide Se ancora sorgere dovesse Il suo amore, impassibile farebbe Numerare le innumere sue spine Spargendosi nelle ore, nei minuti. Spargendosi nelle ore, nei minutì XIV Per patirne la luce, Gli sguardi tuoi, che si accigliavano Smarriti ai cupidi, agl’intrepidi Suoi occhi che a te non si soffermerebbero Mai più, ormai mai più. Per patirne l’estraneo, il folle Orgoglio che tuttora adori, A tuoi torti con vana implorazione La sorte imputerebbero Gli ormai tuoi occhi opachi, secchi; Ma grazia alcuna più non troverebbero, Nemmeno da sprizzarne un solo raggio, Od una sola lacrima, Gli occhi tuoi opachi, secchi, Opachi, senza raggi. XV. Non vedresti che torti tuoi, deserta, Senza più un fumo che alla soglia avvii Del sonno, sommessamente. XIX. Deposto hai la superbia negli orrori, Nei desolati errori. |