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27 Gennaio 2019
Gilbert Keith Chesterton
27 Gennaio 2019Questo film contiene diversi spunti di riflessione e affronta le seguenti tematiche, che mi piace sintetizzare anche sotto forma di domande.
La cultura e la scuola
Anzitutto, la cultura e la scuola esauriscono il desiderio di completezza, di felicità dell’uomo? L’esperienza del protagonista pare smentirlo. All’investigatore che gli chiede se fa parte di qualche organizzazione terroristica, il professorino, (così è chiamato il professore di filosofia delle religioni che volge le spalle alla sua professione) risponde “Ho fatto parte del corpo insegnanti.” “Ma non è un reato!” gli dice il commissario, “A volte sì…” risponde lui.
Questa frase mi ha molto colpito, perché, in qualità di insegnante, la prima cosa che devo chiedermi quando faccio il mio lavoro è la seguente: “ma le cose che sto spiegando o facendo fare ai ragazzi sono davvero essenziali per la loro vita, e, cosa strettamente legata a questo, lo sono per me, per la mia vita?”
Infatti, dopo aver vissuto tutta quanta la sua vita sui libri, dopo essere diventato uno stimato professore e ricercatore, il protagonista si accorge che ciò non è servito a nulla e dice “Se mi volto indietro vedo solo pagine di libri: una vita fatta di carta…”
Sempre nel dialogo con il commissario, il professorino gli chiede quanti libri ha letto “Avrà letto dieci libri in tutta la sua vita?”. “in tutta la vita, penso di sì” gli risponde il commissario. “Si ritiene felice della sua vita?”. gli chiede allora. “Direi di si, non posso lamentarmi” gli risponde il commissario. “Allora vuol dire che gli sono bastati” è la risposta laconica che dimostra ancora una volta che i libri non sono necessari per vivere.
E ancora «C’è più verità in una carezza che in tutte le pagine di questi libri».
Nel dialogo finale fra il professorino e il monsignore emerge quanto sia inconciliabile la prospettiva di chi ha dedicato tutta la sua vita quasi feticisticamente ai libri, e chi ha capito che la vita è altrove, non tra le mura di una biblioteca.
Vivere a contatto con la natura
Il professorino, dopo aver commesso il “reato”, decide di vivere una vita semplice e armoniosa tra i contadini della valle del Po.
C’è infatti un gruppo di persone che frequentano il fiume e i suoi paraggi, che vivono in modo semplice e felice, perché si accontentano di giocare o chiacchierare insieme. Essi rappresentano nel film:
la critica al consumismo della nostra epoca che ci induce a considerare importanti cose che non sono per niente necessarie alla vita
l’amicizia, un’amicizia vera, non dettata da interesse o secondi fini. E il professorino scopre così che «Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico».
l’anticultura, perché tutto quello che hanno imparato della vita non l’hanno appreso dai libri
l’accettazione del diverso, perché in altri luoghi, in altri contesti, chi fa fatica a parlare ad esprimersi in modo brillante, viene emarginato, qui invece valorizzato
la solidarietà perché quando il professorino ha bisogno di aiuto per ristrutturare il rudere in cui ha deciso di vivere, tutti si rimboccano le maniche
la natura e il fiume Nel documentario RAI “Lungo il fiume” (1992) e nel film dello stesso anno “Il segreto del bosco vecchio” (1992), tratto dal romanzo di Dino Buzzati, la natura era già stata presentata come espressione del divino. In Centochiodi la fotografia del figlio Fabio Olmi e gli scatti lungo il fiume Po, creano uno stato d’animo di rara tranquillità, e contribuiscono a questa “manifestazione religiosa”, come a sottolineare ancora una volta che se l’uomo vuole trovare dei “segni” di una presenza, di una verità, deve cercarli non sui libri. Dice infatti il professorino: «Dio non parla con i libri. I libri servono qualsiasi padrone e qualsiasi Dio».
L’amore
Abbiamo già citato la frase «C’è più verità in una carezza che in tutte le pagine di questi libri».
Infatti sulle sponde del fiume incontra anche l’amore semplice, paesano, spontaneo di Zelinda, la commessa di un negozio alimentare, con la quale instaura un rapporto che è spesso segnato dalla canzone “Non ti scordar di me”, anche se il finale del film, quando i suoi amici e Zelinda attendono invano che il professorino ritorni, fa pensare che in realtà lui, preso da chissà cosa, si sia scordato di questa fuggevola avventura.
Infatti Zelinda piange.
La religione
La religione in forme diverse è stato uno dei temi fondamentali della filmografia di Ermanno Olmi.
In pellicole come “Cammina cammina” (1982) racconta la storia dei Re Magi in cerca di Gesù Bambino; “La leggenda del santo bevitore” (1988) tratta dal libro di Joseph Roth è una parabola dell’ incontro con Dio che è stato paragonato a “Ordet” di Dreyer, per la sua profondità religiosa.
Questo film, su questo argomento, lascia spazio a interpretazioni contrastanti, che noi abbiamo condensato nei prossimi due paragrafi: critiche alla religione e “religione sì, solamente se è un incontro”.
Critiche alla religione
Anche se ha forti connotazioni religiose con una figura simile al Cristo sofferente per l’umanità, ci dice anche che le religioni non ha mai salvato il mondo e che nel giorno del giudizio, Dio dovrà rendere conto agli uomini per tutte le sofferenze che ha permesso.
E’ importante a questo proposito il dialogo del professorino con una ragazza indiana che intende fare una tesi di laurea in filosofia delle religioni, ma che il professore tenta di dissuadere.
Altre frasi tratte dal libro sono: «La verità è che la religione non salva il mondo. Non ne fa un luogo migliore».
«Dio [è] il massacratore del mondo. Non ha salvato nemmeno suo figlio sulla croce».
Inoltre, nelle scritture (la religione del “libro”) si dice che si aspetta la seconda venuta di Cristo, ma il film si chiude con l’amara constatazione che lui è atteso, ma non ritorna”
Religione sì, solamente se è un incontro
Malgrado quanto detto finora, c’è da dire che nel film si recupera una dimensione evangelica e primordiale della religione (ma il vangelo non è un libro?) quando il professorino (che non a caso è un attore israeliano, Raz Degan, dai lineamenti nazareni) racconta alcune vicende del vangelo (le nozze di Cana, la parabola del figliol prodigo) ai suoi amici paesani.
Pertanto, si potrebbe anche sostenere che questo film non è una denuncia senza appello dei mali della religione, ma la riscoperta di una dimensione religiosa personale, di rapporto, di esperienza, di avvenimento, che pure è tipica del cristianesimo. lontana da ogni intellettualismo.
Del resto, non sono stati i farisei (gli intellettuali del tempo) a voler inchiodare Cristo sulla croce, proprio con dei chiodi simili a quelli usati dal professorino per inchiodare i libri?
In fondo, Olmi dice che il suo scopo era quello di mostrare un Cristo che “non era il Figlio di Dio, ma il Figlio dell’uomo”, quindi qualcuno da incontrare, con cui condividere la propria avventura umana.
Trama
All’inizio del film, uno sconosciuto dissacra una biblioteca universitaria tirando giù un centinaio di libri dagli scaffali, aprendoli, e inchiodandoli a terra con il tipo di chiodi pesanti utilizzati per inchiodare Cristo alla croce nella letteratura biblica.
In un primo momento l’identità del colpevole è un mistero e la polizia è chiamata ad indagare. E’ però presto chiaro che il colpevole è il professore di filosofia delle religioni, che è scomparso e ha lasciato la sua BMW nei pressi di un ponte sul fiume Po, fingendo il suicidio e gettando in acqua la sua giacca, le chiavi della macchina e il portafoglio (tranne i denari e una carta di credito).
Presto si trasferisce in una casa abbandonata lungo la sponda del Po, dove vive la gente del luogo che gli fornisce cibo e lo sostiene nella ricostruzione del suo nascondiglio. Presentandosi come un moderno San Francesco d’Assisi, con i capelli scuri e la barba, è visto come un salvatore dai contadini poveri e si fonde nella loro comunità. Così va a pescare con loro, balla e fa l’amore con Zelinda, la commessa della vicina panetteria.
Quando gli abitanti sono minacciati di sgombero e di pagare una multa di 27.000 euro, però, il professore (che ora chiamano Gesù Cristo) dà loro la sua carta di credito per pagare la multa, ma in questo modo è rintracciato dalla polizia e viene arrestato.
In seguito ad una condanna agli arresti domiciliari, il professorino potrebbe ritornare presso i suoi amici del villaggio che attendono il suo ritorno illuminandogli la strada, come Cristo in una seconda venuta, ma il professore non ritorna.
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